Nel gennaio 1984, Apple rivoluziona il mercato con la presentazione del Macintosh, il primo computer con interfaccia grafica a icone (GUI) venduto a un prezzo relativamente accessibile. 

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Apple Macintosh 128k (Foto collezione privata Felice Pescatore)

La sua GUI è frutto di anni di studi, molti dei quali condotti negli anni ’70 al celebre Xerox PARC. Xerox, pur avendo aperto la strada a questa tecnologia, lancia solo nel 1981 lo Xerox Star, una macchina innovativa ma destinata al fallimento commerciale per via del prezzo proibitivo.

Apple, grazie a un accordo esclusivo con Xerox, nel 1979 ha l’opportunità di vedere da vicino le ricerche del PARC e decide di applicare la GUI al suo ambizioso progetto Lisa. Ma il Lisa si rivela un flop: troppo costoso e penalizzato da una strategia di marketing incerta, complicata ulteriormente dalla notizia che in casa Apple è in sviluppo un altro computer con GUI, più economico e destinato a fare la storia: il Macintosh.

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L’idea nasce nel 1979 con Jef Raskin, uno dei primi dipendenti Apple, che immagina un computer economico, intuitivo e semplice da usare. Il nome “Macintosh” viene dalla sua varietà di mela preferita, e resiste nonostante i tentativi di Steve Jobs di cambiarlo.

Quando Jobs prende le redini del progetto, decide di integrare la GUI, trasformando il concetto originale in qualcosa di molto più ambizioso. Lo sviluppo è affidato a un piccolo gruppo di ingegneri, che con dedizione riesce a creare una macchina superiore alla concorrenza mantenendo sotto controllo i costi di produzione. Burrel Smith cura l’hardware, Andy Hertzfeld il firmware, mentre Bill Atkinson e Steve Capps lavorano all’interfaccia grafica e al software.

A suggellare il lavoro, Jobs fa incidere le firme di tutto il team all’interno del case, trattando il Macintosh come un’opera d’arte.

Il lancio è accompagnato da una campagna pubblicitaria senza precedenti per Apple.

Lo spot “1984”, diretto da Ridley Scott (regista di Blade Runner e Alien), va in onda durante il Super Bowl e presenta Apple come la forza ribelle pronta a sfidare il “Grande Fratello” dell’informatica, identificato in IBM. Altri annunci pubblicitari citano Leonardo da Vinci: “La semplicità è la forma più alta della perfezione”, a sottolineare come il Macintosh unisca facilità d’uso e potenza. Il prezzo, inizialmente previsto intorno ai 1.900 dollari, sale a 2.499 dollari anche per coprire i costi della campagna.

Sotto la scocca, il Macintosh monta il potente Motorola 68000, processore a 16/32 bit a 8 MHz. Per contenere i costi, la RAM è limitata a 128 KB e il sistema operativo con le applicazioni viene ottimizzato al massimo per funzionare in questo spazio ridotto.

Il design industriale rompe con il passato: un monoblocco verticale che integra scheda madre, monitor e floppy disk drive. Il raffreddamento avviene per effetto camino, senza ventola, per ridurre il rumore. Il display da 9 pollici offre una risoluzione di 512×342 pixel, quasi il doppio di quella della maggior parte dei PC dell’epoca.

Tutta la circuiteria è raccolta su una scheda di soli 21 cm di lato, e il nuovo floppy da 3,5 pollici (400 KB) contribuisce alla compattezza e portabilità. Il debutto è un trionfo mediatico e commerciale, ma le vendite calano presto: il motivo principale è la scarsità di software, dovuta alla difficoltà di sviluppare per l’interfaccia grafica e all’esigenza di ottimizzare il codice per soli 128 KB di RAM. A

settembre 1984, Apple corre ai ripari con il Macintosh 512K, venduto a 3.195 dollari.

Esteticamente identico al primo modello, offre 384 KB di RAM in più, rendendo il lavoro più agevole per utenti e sviluppatori e dando nuova linfa alla piattaforma.

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