Colossus è il primo elaboratore elettronico digitale programmabile, costruito e utilizzatonel Regno Unito, durante la seconda guerra mondiale.
La sua programmabilità è limitata se la giudichiamo con gli occhi di oggi, perché nasce per un compito ben preciso; l’idea di un calcolatore universale a programma memorizzato diventerà realtà solo qualche anno più tardi (con la Manchester Small-Scale Experimental Machine, 1948).
Prima di Colossus esistono altri calcolatori, ma nessuno è insieme digitale, elettronico e programmabile come lui.
Tommy Flowers impiega undici mesi per progettare e costruire Colossus presso il Post Office Research Station di Dollis Hill, nel nord-ovest di Londra. Superato il collaudo funzionale, il Colossus Mk 1 viene consegnato a Bletchley Park alla fine di dicembre 1943 e lì assemblato da Harry Fensom e Don Horwood tra le festività natalizie del 1943 e i primi giorni di gennaio 1944.
La macchina e il suo impiego sono coperti dal massimo segreto: Colossus resta classificato per anni dopo la guerra e per questo viene a lungo ignorato nelle storie ufficiali dell’hardware. Solo molto più tardi si riconoscerà il suo ruolo nella decifrazione del cifrario Lorenz usato dall’esercito tedesco.
Per rendere omaggio al "primo calcolatore", servono quasi quindici anni di lavoro: il Colussus Mark II ricostruito viene installato nello stesso punto occupato a suo tempo dal Colossus n. 9, nell’H Block di Bletchley Park. Il progetto si basa su frammenti di schemi, vecchie fotografie e ricordi tecnici recuperati a fatica. Il programma “Rebuild Colossus” dura dieci anni e impegna oltre 6.000 giornate-uomo di volontari.
Colossus Mark 2
Oggi la macchina è in grado di dimostrare la maggior parte delle procedure di decifrazione impiegate contro il cifrario Lorenz durante la Seconda guerra mondiale, e lo fa nel suo luogo storico: la stanza dell’H Block dove operava il Colossus n. 9. Come si ricostruisce un segreto
Nel 1993 vengono raccolte tutte le informazioni disponibili: otto fotografie scattate nel 1945 e alcuni pezzi di schemi elettrici conservati (non proprio legittimamente) da tecnici dell’epoca. I disegni originali dei gruppi meccanici erano stati distrutti di proposito nel 1960.
La prima fase consiste nel ridisegnare con precisione i telai. Intanto il neonato Bletchley Park Trust (1992) ottiene il via libera per allestire una mostra nell’ex sala di montaggio CAA: l’esposizione, inaugurata nel febbraio 1994, racconta la macchina Lorenz e il ruolo di Colossus nella sua decifrazione.
L’ambizione dichiarata è ricostruire un Colossus pienamente funzionante con il poco materiale disponibile.
Un passaggio decisivo arriva nel giugno 1994: Tommy Flowers e Harry Fensom fanno visita a Allen Coombs a Plymouth. Coombs, architetto del Colossus Mk 2, consegna tutti i suoi appunti di guerra, inclusi schemi di circuito, rendendo finalmente possibile la ricostruzione.
Per lavorare nel contesto originale, al progetto viene assegnata una stanza dell’H Block, proprio dove si trovava il Colossus n. 9; il conto bancario del “Colossus Rebuild Project” viene aperto il 6 luglio 1994. Il 18 luglio 1994 il Duca di Kent inaugura ufficialmente i Bletchley Park Museums e dà il via al progetto di ricostruzione: in quel momento, nella sala non c’è che un mucchio di acciaio sul pavimento.
Entro la fine del 1994 si ricostruiscono i telai in acciaio della base e del lettore a nastro di carta; si montano lampade, lenti, chassis, maschera e fotocellule. Per la prima volta compaiono segnali elettrici in uscita dagli amplificatori. A seguire, prende forma il resto dello chassis.
Colossus nasce nei laboratori del Post Office e fa largo uso di componenti di serie. Molto materiale telefonico viene dismesso e sostituito con elettronica digitale; grazie a Gerald Palmer si recuperano grandi quantità di attrezzature che altrimenti sarebbero finite in discarica. Il nodo più difficile è la fornitura di valvole: servono soprattutto Mullard EF36, ma anche 6J5, 6V6, 807 e i thyratron GT1C.
Componenti del computer Colossus al National Museum of Computing, Bletchley, Regno Unito. (Foto: Marcin Wichary / San Francisco, U.S.A. - Colossus parts, CC BY 2.0 - Wikimedia)
Qualcosa è stato acquistato negli anni, ma non basta. I rivenditori d’epoca possono fornire i pezzi, a caro prezzo: servirà sponsorizzazione, che arriverà, seppur solo più tardi.
All’inizio del 1995 Cliff Horrocks, appena in pensione dal Diplomatic Wireless Service di Hanslope Park, si unisce a tempo pieno al progetto come direttore e coordina la documentazione dei molti volontari.
Si aggiungono l’ingegnere Paul Bruton (part-time) e John Pether, che mette a disposizione un ampio laboratorio nei fine settimana: è il nucleo della squadra.
Per la prima dimostrazione si decide di decifrare un testo cifrato a 4 e 5 bit. La cifratura è stata eseguita su una Lorenz con ruote meccaniche note come K4 e K5, lunghe rispettivamente 26 e 23 bit: così si minimizza il numero di moduli e valvole da implementare in Colossus per la simulazione.
Serve anche un pannello di controllo principale per tenere insieme l’intero sistema; in seguito sarà indispensabile una stampante per produrre i risultati su carta. Con lettore ottico, base e alimentatori operativi, diventa chiaro che il pannello di controllo è cruciale per progredire: ospita le valvole e i circuiti che gestiscono i due cicli di temporizzazione caratteristici di Colossus.
La ricostruzione del Colossus Mk II è visitabile nell’H Block di Bletchley Park, nella stanza originale in cui operò il Colossus n. 9. È un omaggio a Tommy Flowers, Allen Coombs e a tutti gli ingegneri di Dollis Hill, oltre che un tributo a Bill Tutte, Max Newman, Ralph Tester, ai codebreakers di Bletchley Park, alle WRNS che operarono la macchina e agli intercettatori radio di Knockholt senza i quali non ci sarebbero stati messaggi da decifrare.
Lo stesso Flowers ricordò anche il sostegno della moglie Margaret, che accettò di impiegare denaro di famiglia per avviare il progetto.