La storia del Mark I comincia con Howard H. Aiken, un brillante studente di fisica a Harvard.
Già nel 1935 Aiken intreccia nell’immaginazione una visione ispirata all’Analytical Engine di Charles Babbage. Dopo tentativi infruttuosi, nel 1937 ne propone il progetto all’industria, ottenendo un primo rifiuto da parte della Monroe Calculator Company, fino a convincere IBM, dove il presidente Thomas Watson Sr. intravede un’opportunità per valorizzare la tecnologia degli elaboratori meccanografici dell’azienda.
La collaborazione porta alla costruzione del Mark I tra il 1940 e il 1943 nella sede IBM di Endicott, New York.
Il 7 agosto 1944, il calcolatore viene ufficialmente consegnato e dedicato ad Harvard, in una celebrazione che rischia di saltare per tensioni tra Aiken, desideroso di ricevere tutto il merito, e la dirigenza IBM, che contesta di essere stata messa in secondo piano.

Harvard Mark I
Il Mark I si presenta come un colosso: lungo circa 16 metri, alto 2,4 metri, profondo circa 0,6 metri e con un peso di circa 4.300–4.500 kg. Esso comprende un’anima elettromeccanica costituita da 750.000 componenti, tra relè, ingranaggi, contatori rotanti, interruttori, cablaggi per centinaia di chilometri e complessi sistemi di commutazione sincronizzati tramite un albero motorizzato che coordina tutte le operazioni.
Le istruzioni si introducono tramite un nastro perforato sequenziale, con lettura univoca e progressiva: il programma si legge riga per riga, mentre i dati provengono da nastri o schede perforate separate.
Capace di memorizzare 72 numeri decimali lunghi 23 cifre ciascuno, il Mark I esegue addizioni in frazioni di secondo, moltiplicazioni in circa un secondo e operazioni come logaritmi o funzioni trigonometriche in tempi significativamente più lunghi.
Durante la Seconda guerra mondiale, il Mark I si impiega intensamente dalla Marina statunitense per il calcolo di traiettorie e tabelle balistiche, oltre che per funzioni matematiche complesse. Uno dei primi programmi inseriti lo elabora John von Neumann nel marzo 1944 per valutare la fattibilità dell’implosione della bomba atomica, parte del progetto Manhattan.
Il contributo della programmatrice Grace Hopper si rivela cruciale non solo per il funzionamento operativo, ma anche come icona storica: a lei si attribuisce, in modo leggendario, il termine “bug” dopo aver eliminato un insetto reale incastrato nei relè della macchina.

Grace Hopper
Il Mark I rimane in esercizio fino al 1959, quando i progressi dei computer elettronici lo rendono obsoleto. Una parte della macchina viene conservata da IBM, un’altra va allo Smithsonian Institution e il resto entra nella collezione degli strumenti storici di Harvard.
Dopo essere rimasto esposto presso il Computation Lab, viene trasferito nel 1997 al Science Center e, nel 2021, al nuovo Science and Engineering Complex ad Allston, Boston.
Se fosse possibile ascoltare il Mark I, esso produrrebbe un click incessante: un’orchestra di relè, ruote e ingranaggi che materializzano l’enorme salto operativo rispetto ai metodi di calcolo manuale.
Progettato da una mente accademica, costruito dall’industria e applicato nei momenti più critici della storia mondiale, il Mark I unisce estetica meccanica, scrittura matematica e teatro technicolor.
Le sue rotelle e nastri non solo somigliano al sogno di Babbage, ma ne concretizzano l’essenza su larga scala, segnando l’alba dell’era dei calcolatori automatici programmabili.