Gates e Jobs: mostrare al mondo la propria firma

Nel 1979 Micro-soft non era certo il colosso di oggi, ma comunque si difendeva egregiamente fornendo il BASIC ad un numero decisamente ampio di produttori hardware. Gates, comunque, è già impegnato fattivamente nella tutela dei propri software, come ci ricorda la famosa lettere indirizzata all’Homebrew Computer Club del 3 febbraio 1976: An Open Letter to Hobbyists.

Durante il CES invernale del 1978, Commodore presenta un prototipo del PET e John Feagans (uno degli ingegneri impegnati nel suo sviluppo) racconta:

“He was looking over his shoulder. Gates walked up to our machine and played around with it. Gates typed a simple command and the screen displayed the word MICROSOFT. If you put WAIT 6502 and then a number, it would print MICROSOFT that many times. Gates cleared the screen and walked away, unaware i had observed his deed.”

["… Gates si avvicinò alla nostra macchina e smanettò con essa. Gates digitò un semplice comando e sullo schermo apparve la parala MICROSOFT. Se si scriveva WAIT 6502 e poi un numero, il sistema avrebbe stampato Microsoft il numero di volte corrispondenti. Gates effettuò il clear dello schermo e se ne andò, ignaro che avessi visto ciò che aveva fatto."]

Di fatti si tratta di una sorta di firma che evidenzia come il “Commodore Basic 2.0” sia stato scritto da Microsoft.

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Da Commodore a... Microsoft

La cosa, nonostante non sia un problema reale, infastidisce Commodore che al CES di gennaio del 1979, presentando le nuove versioni del PET, rilascia in proprio anche con una nuova release del BASIC da cui è stato rimosso l’easter egg.

In questa occasione Gates effettua la stessa prova ma, chiaramente, l’esito non è quello atteso e John Feagans con Bill Seiler (altro componente del PET team) non nascondono la loro soddisfazione nel vederlo andar via decisamente “attapirato”.

Qualche anno dopo è la Apple ad inserire una prorpia "firma" all’interno del codice contenuto nella ROM per l’Apple II.

La decisione di Jobs segue la causa contro la Franklin Computer che nei primi anni ‘80 crea un clone dell’Apple II (ACE) copiandone persino la ROM e la documentazione. Chiaramente la casa di Cupertino fa causa alla Franklin costringendola a ritirare il proprio sistema dal mercato.

Ma Jobs desidera per il futuro uno strumento veloce per poter dimostrare facilmente, sia in pubblico che in sede legale, che ci si trova davanti ad una copia dei propri prodotti. Così nasce l’icona “Stolen From Apple” [rubato da Apple], nascosta all’interno della ROM e richiamabile velocemente tramite la pressione di una specifica combinazione di tasti.

stolen from apple Stolen from Apple

Come le icone che successivamente caratterizzeranno il Mac, la “Stolen from Apple” viene realizzata da Susan Kare, mentre la sua codifica/compressione è affidata a Steve Capps.

Anche un altro dei protagonisti informatici del periodo sembra avesse ceduto alla moda degli “ovetti”, anche se non se ne ha una controprova reale. Gary Kildall, padre del CP/M e fondatore della Digital Reasearch Inc, ha sempre sostenuto che il DOS fosse un clone del proprio sistema operativo, e, a tal proposito, Jerry Pournelle (scrittore Americano di fantascienza) ha affermato che il professore era stato in grado di dimostrargli che il DOS conteneva del codice CP/M poiché, digitando un particolare comando dal prompt, compariva proprio il suo nome (Gary).

Pournelle, comunque, non ha mai voluto rilevare quale fosse questo comando in modo da comprovare le proprie affermazioni, alimentando l’alone di leggenda che ha portato l’episodio ad essere menzionato anche nel noto libro They Made America.

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