All’inizio degli anni '70, il microprocessore è ancora un oggetto misterioso per il grande pubblico. Viene usato in calcolatrici, impianti industriali, videogiochi. Nessuno, o quasi, immagina di costruire attorno a esso una macchina programmabile, personale, flessibile.
Ma qualcosa comincia a muoversi grazie alle schede sperimentali: piastre elettroniche progettate dai produttori di chip per dimostrare la potenza dei nuovi processori. Sono nate per i progettisti e per i laboratori industriali, ma finiscono per conquistare anche il mondo della didattica e dell’hobbistica.
Il microprocessore, insomma, entra dalla porta di servizio nei laboratori scolastici, nelle università, negli ambienti dell’elettronica amatoriale. E conquista una generazione. In Italia, in quegli anni, esistono ancora grandi realtà industriali nel settore, come Geloso, Voxon, Phonola, Olivetti, e moltissime PMI. In questo ecosistema, le board a microprocessore diventano strumenti preziosi per imparare le nuove logiche digitali.
I primi modelli sono spesso basati su tre chip fondamentali: il MOS 6502, l’Intel 8080 e lo Zilog Z80. Integrano tastiere esadecimali per l’inserimento del codice macchina, piccoli display LED e programmi monitor in ROM che consentono di scrivere, caricare ed eseguire i programmi. Le RAM vanno da 256 byte a 2 KB; ci sono interfacce per registrare su audiocassette, zoccoli per ROM aggiuntive (come interpreti BASIC), connettori per periferiche, interfacce per relè, lettori di codice a barre, convertitori analogico/digitali.
È una tecnologia spartana, ma sufficiente per far ruotare numeri sul display, scrivere semplici giochi come il tris, o comandare sequenze luminose di LED. Alcuni le usano persino per comporre numeri telefonici o per automatizzare sequenze audio-visive con registratori e proiettori.
In questa fase pionieristica emergono nomi come:
- KIM-1 (MOS, 1976)
- SYM-1 (Synertec, 1978)
- AIM-65 (Rockwell, 1978)
- MK-14 (Cambridge/Sinclair, 1979)
- Microprofessor (Multitech)
- System 1 (Acorn)
- TM-990/189 (Texas Instruments)
- Z80 Starter Kit (Micro Design, 1976)
In Italia, MicroLem distribuisce l’Amico 2000 e il Nanocomputer SGS-Ates. La milanese Homic propone le board Nascom, mentre la E&L realizza la scheda MDD1, base per i manuali Bugbook che introducono l’elettronica e l’informatica nel nostro Paese.
Amico 2000 ADV (utilizzo a scopo storico/divulgativo)
Le riviste specializzate come Popular Electronics e Radio Electronics alimentano la cultura del fai-da-te digitale. Su queste pagine nasce nel 1974 il MITS Altair 8800, che segna l’avvio dell’informatica personale e attira l’attenzione di due giovani talenti: Bill Gates e Paul Allen, che scrivono per lui il primo interprete BASIC.
Dal mondo editoriale nasce anche il Compukit UK101, presentato nel 1979 da Practical Electronics, e il Picocomputer, introdotto in Italia dalla rivista BIT. Anche Nuova Elettronica, dal 1979, pubblica una board Z80 espandibile, sviluppata dalla genovese Micro Design.
Ma qual è l’eredità di queste schede? Sono i primi veri sistemi digitali generici: non sono progettati per svolgere un compito specifico, ma possono essere programmati per farne mille. Questa versatilità, nata per fini didattici e sperimentali, diventa la caratteristica chiave del personal computer. Basta caricare un programma e collegare una periferica. È l’alba dell’informatica personale.