Negli anni Venti del Duemila (fino al 2025) i sistemi operativi continuano a evolversi seguendo le direttrici tracciate nel decennio precedente, con alcune novità emergenti. Il mondo è ormai completamente digitalizzato e per certi versi dipendente dai sistemi operativi: per lavoro, studio, intrattenimento e comunicazione utilizziamo continuamente dispositivi governati da qualche OS.
Una caratteristica saliente di questo periodo è la sempre maggiore integrazione tra dispositivi: ad esempio, nel 2022 circa, Apple unifica ulteriormente la sua piattaforma hardware adottando processori della serie Apple Silicon (architettura ARM) anche sui Mac, facendo sì che macOS possa eseguire nativamente molte app iOS/iPadOS.
L'iPhone utilizzato come webcam su MacOS Ventura
Questo avvicinamento tra sistemi operativi mobili e desktop è una tendenza significativa: i confini sfumano, e l’esperienza utente diventa trasversale. Microsoft da parte sua rilascia Windows 11 (2021), introducendo un’interfaccia rinnovata e funzioni mirate a un’era di collaborazione remota (integrazione con strumenti come Teams). Windows 11 segna anche la fine del supporto a molto hardware obsoleto, enfatizzando sicurezza (richiede moduli TPM per la crittografia) e prestazioni su macchine moderne.
Windows 11
Sul fronte open source, il kernel Linux prosegue il suo sviluppo incessante: arrivato a gestire dispositivi e scenari impensabili (dal supporto ottimizzato ai container fino a far girare Linux come subsystem dentro Windows stesso, tramite WSL). I sistemi operativi Chrome OS e Android di Google tendono a sovrapporsi in alcuni ambiti, tanto che Google sperimenta un nuovo OS chiamato Fuchsia, presentato come progetto già alla fine degli anni 2010, che punta a unificare approcci e superare i limiti storici di Linux kernel, ma al 2025 è ancora in fase iniziale di adozione (viene usato in alcuni dispositivi specifici, come smart display Nest, senza impatto sul grande pubblico).
Nel mondo dei dispositivi mobili, iOS e Android rimangono dominanti e maturi.
Ogni anno escono nuove versioni che aggiungono funzionalità incrementali: modalità scura, widget personalizzabili, migliori controlli per la privacy dell’utente, utilizzo più efficiente dell’hardware (ad esempio per la fotografia computazionale). Una parola chiave dei primi anni 2020 è privacy: in risposta sia alle normative (GDPR in Europa) sia alla sensibilità crescente degli utenti, i sistemi operativi mobili introducono più trasparenza e controlli su quali dati ogni app può accedere.
Apple con iOS spinge molto su questa linea (mostrando resoconti sull’uso di microfono/camera, bloccando di default certi tracciamenti pubblicitari), mentre Android segue gradualmente con misure simili. Un altro trend di questo periodo è l’uso dell’intelligenza artificiale all’interno dei sistemi operativi. Già negli anni 2010 avevamo assistenti vocali come Siri, Google Assistant e Alexa; negli anni 2020 l’AI diventa ancor più integrata: ad esempio, sistemi operativi mobili usano reti neurali per funzionalità come il riconoscimento avanzato delle immagini nella galleria fotografica, il filtraggio automatico di spam nelle chiamate, il dettato vocale praticamente in tempo reale sul dispositivo e molto altro.
Si parla anche di sistemi operativi “AI-driven” come idea futura, capaci di anticipare i bisogni dell’utente, ma al 2025 questo è ancora un campo sperimentale. In compenso, l’AI viene sfruttata nei meccanismi di ottimizzazione del sistema: per esempio, gestire meglio la batteria prevedendo quali app l’utente utilizzerà, o adattare le prestazioni a seconda del contesto d’uso. Nel settore dei server e del cloud, gli anni 2020 ampliano ulteriormente il concetto di distribuzione: l’adozione di architetture serverless (dove gli sviluppatori eseguono il proprio codice sul cloud senza dover gestire istanze di sistema operativo) diventa comune. In queste architetture, il sistema operativo è sempre presente sottotraccia (tipicamente un kernel Linux ottimizzato), ma è completamente astratto per l’utilizzatore.
Si potrebbe dire che il cloud stesso sia una sorta di “meta-sistema operativo” globale, con livelli di virtualizzazione e orchestrazione che dispensano gli sviluppatori dal doversi occupare direttamente di process scheduling o memory management – ciò avviene comunque, ma tramite software di gestione automatica su migliaia di macchine. La sicurezza resta una preoccupazione primaria: gli OS server integrano meccanismi di isolamento sempre più sofisticati (microVM, sandbox) per proteggere i dati nel cloud, e gli OS client rafforzano la resistenza a malware (ad esempio Windows 11 include funzioni di protezione basate su virtualizzazione per isolare parti critiche del sistema).
Purtroppo, con l’aumentare della dipendenza dal digitale, i cyber-attacchi diventano più frequenti e i sistemi operativi devono garantire aggiornamenti costanti e reattivi: si assiste così a un’evoluzione nelle modalità di update, con molte piattaforme che adottano aggiornamenti incrementali e trasparenti (ad esempio Android introduce aggiornamenti di sicurezza mensili installabili in background, Chrome OS e alcune distribuzioni Linux usano partizioni doppie per applicare update senza interrompere l’uso). Un’area in fermento nei primi anni 2020 è quella delle tecnologie immersive.
Nel 2023 Apple annuncia visionOS insieme al suo visore Vision Pro, indicando l’ingresso ufficiale della realtà aumentata/virtuale in casa Apple: visionOS è un nuovo sistema operativo costruito sulle basi di iOS/macOS ma con interfaccia tridimensionale e comandi tramite gesti delle mani e movimenti oculari.

Apple Vision Pro in esposizione – Scatto all’interno di un Apple Store. (Foto di Seasider53, licenza CC BY 4.0)
Anche Meta (ex Facebook) sviluppa sistemi operativi personalizzati per i propri visori Oculus/Quest (basati su Android modificato) e altre aziende esplorano sistemi per occhiali AR e dispositivi VR.
Questo filone suggerisce che i sistemi operativi potrebbero presto espandersi in dimensioni totalmente nuove, dove il metaverso o comunque ambienti 3D richiederanno interfacce e paradigmi differenti da finestre e touchscreen.
Un’altra frontiera è l’Internet delle Cose (IoT): già entro il 2025, decine di miliardi di oggetti (sensori, elettrodomestici, veicoli, dispositivi medici) sono connessi in rete. Molti di questi eseguono sistemi operativi specializzati, spesso in tempo reale o estremamente ottimizzati (come FreeRTOS per microcontrollori, o versioni alleggerite di Linux come Android Things e Ubuntu Core).
Questi mini-OS non fanno notizia quanto Windows o Android, ma rappresentano l’infrastruttura silenziosa di città intelligenti, fabbriche automatizzate e case connesse. Il contesto sociale in cui avviene tutto ciò è caratterizzato da una dipendenza quasi totale dalla tecnologia digitale, amplificata anche da eventi come la pandemia del 2020 che ha spinto miliardi di persone a lavorare, studiare e socializzare da remoto. All’improvviso concetti come videoconferenza, didattica online, smart working sono diventati familiari a tutti, e dietro queste esperienze ci sono sistemi operativi (nei PC, nei server cloud, nei telefoni) che hanno retto l’urto e permesso alla società di continuare a funzionare in modalità virtuale.
Questo ha evidenziato ancora di più l’importanza di avere OS affidabili, sicuri e performanti. Guardando al futuro prossimo, i sistemi operativi potrebbero subire ulteriori trasformazioni: c’è chi immagina OS distribuiti su rete neurale, o integrati con algoritmi di machine learning al punto da configurarsi e ottimizzarsi autonomamente. Potremmo assistere a una crescente unificazione: ad esempio, progetti per far girare app Android su Windows o su Linux in modo trasparente sono già realtà, segno di un confine tra OS che diventa più permeabile.
Dal primo rudimentale monitor dei mainframe anni ’50 all’ecosistema eterogeneo e globale del 2025, i sistemi operativi hanno compiuto un lungo viaggio. In poco più di settant’anni si è passati da macchine che eseguivano un job alla volta in totale isolamento a un mondo in cui miliardi di dispositivi comunicano costantemente e svolgono migliaia di operazioni al secondo per ogni utente.
Questa evoluzione non è stata solo tecnica ma anche sociale: il sistema operativo, un tempo strumento per pochi addetti ai lavori, è ora il cuore invisibile di gran parte delle attività umane, uno strato di intelligenza software che permette alla nostra vita digitale di funzionare quotidianamente.
E mentre entriamo nella metà degli anni 2020, possiamo immaginare che i sistemi operativi continueranno ad adattarsi e innovarsi, magari in modi oggi difficili anche solo da immaginare, così come negli anni ’50 sarebbe stato impensabile ciò che abbiamo ora. In ogni caso, la “cronaca” dell’evoluzione dei sistemi operativi dimostra una costante: la ricerca di un equilibrio tra le potenzialità della macchina e le esigenze dell’uomo, in un contesto tecnologico e sociale in continuo mutamento.