Che Steve Ballmer non abbia il carisma di Bill Gates è cosa nota e risaputa, tanto che il web impazza di articoli basati su presunti rumors che annunciano il possibile ritorno di Gates alla guida di Microsoft. Anche su Facebook sono nati diversi gruppi, tra cui l’”imperativo” “Bill Gates come back to Microsoft!

facebook groups

Bill Gates come back to Microsoft!

D’altronde gli stessi dipendenti soffrono di una guida poco chiara e di scelte che non condividono, come dimostra l’abbandono in massa della sala dove Ballmer stava spiegano che il “futuro di Microsoft è legato al connubio tra i Tablet e Windows 8”.

Inoltre, durante l’ultima decade, in cui Ballmer ha assunto la funzione di CEO (sostituendo Gates nel 2000), le azioni della società sono crollate da 60dollari a circa 20/25dollari. In realtà la colpa è anche della bolla delle .COM e della crisi finanziaria iniziata nel 2008, ma alcuni dei principali concorrenti se la sono cavata decisamente meglio: Oracle si attesta tra i 35/40dollari mentre  le azioni Apple hanno raggiunto addirittura il picco di 411,63dollari agli inizi di settembre 2011, assestandosi poi ad un “modesto” valore di 386dollari.

Insomma è evidente che qualcosa non funzioni in quella che, piaccia o non piaccia, è ancora oggi la maggiore software house del mondo.

Ma cosa si cela dietro la figura di Gates? O meglio, come è riuscito a divenire icona stessa di Microsoft al punto di essere ritenuto da molti l’unico in grado di ridare slancio a BigM?

In realtà molto di quello che si cela dietro l’immagine di Gates è stato costruito negli anni dai responsabili della comunicazione Microsoft (partendo ovviamente dalle caratteristiche naturali dello stesso fondatore della società di Redmond), proprio per contrastare i giudizi che tipicamente si hanno del colosso dell’informatica:

  • I prodotti Microsoft sono di scarsa qualità e ottengo successo solo grazie al monopolio dell’azienda sul mercato;
  • Microsoft è sempre stata temuta e odiata dal mercato;
  • alla gente non piace Bill Gates

raggiungendo lo “zen del marketing”.

Ognuno di questi punti è soggettivamente commentabile, ma quel che è certo è che fino agli inizi del 2000 tutto l’ecosistema Microsoft girava intorno alla figura di Gates, caratterizzata ad arte attraverso tre elementi: gli abiti, il comportamento e l’umiltà finanziaria.

Il look del co-fondatore di BigM non è mai stato particolarmente curato: quasi sempre si presentava (e si presenta tutt’oggi) con vestiti classici e un taglio di capelli con poche pretese. Ma il vero fiore all’occhiello erano i “grandi occhialoni” che gli conferivano un’aria impacciata e mite, cosa che le persone amano molto più di un uomo di affari sempre tirato a lucido. Negli anni ’80 era davvero difficile non trovare un immagine di Bill con il classico floppy da 5.25”.

times gates 1984 Time Magazine del 1984

gates windows30Gates ai tempi di Windows 3.0

gates melinda oggi

Gates in compagnia della moglie Melinda (oggi)

Vabbè, oggi gli occhiali si sono decisamente ridotti, ma il merito è tutto della moglie Melinda.

Il secondo aspetto è il comportamento. Nonostante Gates abbia creato un impero e lo abbia fatto giocando più di una volta fuori dagli schemi (e dalle regole), a memoria non risulta che abbia mai insultato o denigrato in modo diretto i propri competitor, a differenza, ad esempio, di quanto fatto da Ellison di Oracle che ha pronunciato la storica e irritante frase: “Non è sufficiente che noi (Oracle) si vinca, quel che conta è che tutti gli altri dovranno perdere”. 

Nei vari discorsi che ha tenuto (e ne ha tenuti tanti) ha sempre trasmesso il messaggio di uno che crede in quello che dice, una persona che sa bene cosa vuole ed è disposto a rimettersi sempre in gioco per raggiungere l’obiettivo. Questo piace alle persone, lo distingue fortemente da Ballmer e lo accomuna ad un altro grande del mondo IT: l’arci-rivale Steve Jobs. Tutto ciò traspare nei due libri scritti fino ora: la strada che porta al domani e business alla velocità della luce, non eccezionali nella forma, ma assolutamente rappresentativi del percorso verso cui l’informatica si stava muovendo.

the road aheadThe Road Ahead, La strada che porta al domani

Terzo elemento: i soldi. Parlando di Gates è impossibile non pensare ai soldi, visto che per anni è stato incoronato l’uomo più ricco del mondo. Nonostante ciò non ha mai ostentato la propria ricchezza (ad esclusione della mega dimora da 50milioni di dollari) ed è sempre stato impegnato in attività benefiche, tanto da creare la Bill e Melinda Gates Foundation a cui ora dedica praticamente la sua intera esistenza.

gates foundation

Bill e Melinda in azione con la propria fondazione

A tal proposito, su uno degli ultimi numeri di Wired è stato possibile leggere un intervista a Mr Microsoft in cui l’informatica non è nemmeno menzionata e l’unico argomento è il “nucleare di quarta generazione”, di cui parla con sicurezza e maestria.

Alla luce di tutto ciò, cosa ha portato allora Ballmer sul trono di Windows? Ebbene, nonostante la forte dote carismatica e il costante impegno dei responsabili della comunicazione di Redmond, la fine degli anni ’90 hanno messo in ombra il ruolo di “bravo ragazzo” dell’uomo più ricco del mondo.

In particolare la lunga causa dell’antitrust americana per l’abuso di posizione dominante e quindi per la violazione delle leggi sulla concorrenza relativamente ad Internet Explorer incluso nei sistemi Windows, ha offuscato l’immagine di Gates, nonostante la vittoria legale di Microsoft. L’immagine pubblica del proprio CEO ha cominciato ad essere sempre più associata a comportamenti poco chiari e poco rispettosi delle regole e la società intuisce presto che è necessario correre ai ripari: qui arriva Ballmer! Gates decide di farsi da parte, ritagliandosi il ruolo di Chief Software Architect, mentre i responsabili della comunicazione cominciano a lavorare sull’immagine di quello che Chapman definisce “l’orsacchiotto dell’Hi-tech”.

Nei vari eventi di storia informatica, spesso si riporta l’Altari 8800 come il primo microcomputer commerciale basato su microprocessore.

La realtà è un po’ diversa e, nonostante la creatura di Ed Roberts abbia sicuramente scatenato tutta una serie di eventi fondamentali nel mondo dell’informatica, il primato spetta al Micral-N, realizzato e prodotto in Francia e presentato ufficialmente a Parigi nel febbraio del 1973. 

micral Micral N

Ad essere precisi stiamo parlando del primo microcomputer che risponde a tutti i seguenti requisiti: piccolo ed integrato, general purpose, basato su microprocessore, utilizzabile interattivamente da una singola persona, nessun training particolare richiesto, prezzo accessibile.

Il primato assoluto (se non si considera la specifica presenza del microprocessore) spetta invece al Kenbak-1, anche se lo stesso termine “Microcomputer” appare per la prima volta sulla stampa specialistica proprio in riferimento al Micral, progettato da François Gernelle (ex ingegnere della società di elettronica Intertechnique) per l’I.N.R.A. (French National Institute for Agronomic Research), che era alla ricerca di un sistema compatto ed economico per il controllo del processo inerente le misurazioni igrometriche.

Oltre a Gernelle, Il team di progetto e sviluppo è composto da: Benchetrit (ingegnere del software), Alain Lacombe (tecnico elettrico) e Jean-Claude Beckmann (responsabile delle parti meccaniche). I quattro tecnici sviluppano il sistema a Chatenay-Malabry, periferia di Parigi, da luglio del 1972 fino a gennaio del 1973, quando consegnano il primo esemplare all’I.N.R.A. A febbraio del 1973 il Micral N diventa un prodotto commerciale, proposto dalla R2E (Réalisations études électroniques, fondata appositamente dallo stesso Gernelle e da Andre Truong, suo ex compagno di università) per circa 1.750 dollari (8500 FF).

Da un punto di vista tecnologico, il Micral N è un sistema ad 8bit basato sulla CPU Intel 8008 funzionante alla frequenza di 500KHz, ed è dotato di interfaccia parallela e seriale, il tutto contenuto in un case in ferro che porta il sistema a pesare ben 12 Kg.

Il sistema operativo (SYSMIC) viene realizzato sul minicomputer Intertechnique Multi-8, sfruttando un compilatore cross-assembler, ed è memorizzato su ROM, mentre la relativa programmazione avviene tramite schede perforate e l’output è presentato grazie ad una telescrivente.

Uno degli aspetti particolarmente interessanti è il Pluribus, ovvero una specifica struttura backplane che permette di espandere il Micral N (fino a 14 schede che diventano 24 se si utilizza un’espansione per il Pluribus stesso) ed apre il mondo a tutta una serie di elementi aggiuntivi come: schede di memoria, di calcolo, di comunicazione, controller per floppy, HD e cassette magnetiche, tutti prodotti da R2E.

A dicembre del 1974, il Micral N, su richiesta della Commissariat à l'Energie Atomique, si arricchisce di un controller per i floppy drive di 8”, e pochi mesi dopo arriva il supporto a tastiera e monitor. Nel 1975 viene reso disponibile il primo Hard Disk che diventa di serie nel 1979 con la serie Micral 8031 D che monta un disco Seagate da 5" 1/4 e ben 5Mb di spazio.

micral 8031

 Micral 8031

Successivamente arrivano sul mercato nuovi modelli: Micral G e Micral S con processore i8080 ad 1MHz, Micral CZ dotato dello Zilog Z80 ed un ulteriore modello basato sulla CPU i8088. Anche il software si evolve e il sistema operativo viene rinominato in Prologue nel 1978.

Il successo dell’intera serie è discreto (circa 90.000 unità impiegate principalmente per controllo di processo e nei caselli autostradali) e, nel 1981, R2E viene acquisita da Bull, portando al suo interno anche Gernelle. Bull rilascia prima il Bull Micral 30, in grado di usare sia Prologue che MS-DOS e, successivamente, trasforma il marchio in un brand per PC IBM compatibili, cosa che spinge Gernelle ad abbandonare l’azienda.

micral bm30Bull Micral 30

Il tempo è denaro. E sprecarlo, quando sia possibile evitarlo, significa andare in perdita.

Quando si lavora con i dati e con i numeri, o quando semplicemente si tiene conto dell’aspetto finanziario e burocratico della vita quotidiana, la mente è messa a dura prova. È un impegno faticoso e, al minimo intoppo, tutto il lavoro fatto fino a quel momento rischia di essere perduto.

Eppure c’è uno strumento che aiuta a fare tutto questo, e anche di più, in maniera facile, rapida e precisa.

Si tratta di Microsoft Excel.

Microsoft Excel: caratteristiche principali

La suite di applicazioni Office non ha bisogno di presentazioni. Nel proprio campo è il pacchetto software largamente più diffuso e venduto, con una concorrenza praticamente inesistente in ambiente Windows.

Tra le sue applicazioni, la parte del leone è giocata da Excel, uno strumento semplice ma indispensabile per raccogliere e organizzare dati.

Eppure c’è ancora chi ne è intimorito, pensando di non essere in grado di utilizzarlo. Uno dei pregi del software è quello della semplicità di utilizzo, per la quale chiunque, magari seguendo uno dei tanti corsi base di Excel disponibili online, può imparare a utilizzarlo al meglio.

Excel consente di automatizzare tutte le operazioni per gestire e aggregare dati di qualunque tipo, attraverso la creazione di fogli di calcolo appositi.

Il suo utilizzo non deve necessariamente rimanere riservato all’ambito lavorativo. Con questo software è infatti possibile pianificare e organizzare non solo la vita aziendale, ma anche quella personale e famigliare.

La semplice funzione di somma può ad esempio essere applicata a una tabella nella quale rendicontare tutte le spese e i ricavi del mese, tenendo d’occhio l’andamento delle proprie finanze.

Le tabelle pivot, invece, consentono di ricavare nuove informazioni semplicemente riorganizzando in maniera differente dati già presenti in altre tabelle.

Insomma, le possibili applicazioni sono tante e il risparmio di tempo che può garantire è non va affatto sottovalutato.

Excel e IA: una squadra vincente

La grande quantità di funzioni di Excel fa sì che con esso si possa svolgere praticamente qualsiasi compito legato alla raccolta e organizzazione di dati. Le funzioni basic sono state sviluppate con la massima attenzione verso il concetto di “user friendly” e sono alla portata di chiunque.

Ma, nell’utilizzare l’intera mole degli strumenti e spingere il “motore” al massimo, certe volte ci si può trovare in difficoltà.

Le grandi aziende, che per rendere al meglio hanno bisogno di far girare Excel ai massimi regimi, hanno a disposizione un’arma segreta: l’intelligenza artificiale.

Il supporto di strumenti sviluppati nel campo della RPA (robotic process automation) permette di ridurre notevolmente il carico di lavoro di chi ha a che fare intensivamente con i fogli di calcolo elettronici.

Ecco nello specifico come l’intelligenza artificiale è in gradi di essere d’aiuto nell’utilizzo di Excel:

  • importazione dei dati – tra i pregi di Excel c’è stata fin da subito la possibilità di “estrarre” dati da fonti esterne. Il problema qui sta nel fatto che un umano, per importare dati in questo modo, ha bisogno prima di aprire un nuovo foglio di calcolo e poi di dare il comando, dovendo attendere il caricamento dei dati in questione. Lasciando questo compito nelle mani di una routine automatica gestita da un’IA, chi lavora troverà i dati già importati e pronti all’apertura del foglio di calcolo;
  • ispezione per dati mancanti e anomalie, o errori vari – un’IA è in grado di svolgere questo compito in tempi rapidissimi, liberando risorse umane per altri task;
  • connessione facile e sicura tra varie fonti – nella maggior parte dei casi le informazioni di cui si ha bisogno non si trovano in un unico posto. Vanno raccolte da diverse fonti con notevole dispendio di risorse. Anche in questo caso risulta estremamente utile settare una routine automatica che svolga questo compito in maniera semplice e rapida. Inoltre, dotando la routine di un proprio account sicuro, si evita di esporre inutilmente interi sistemi a pericoli informatici. L’unico punto di “sorveglianza e controllo” sarà, infatti, il sistema della stessa routine.

Abbiamo spiegato come si può lavorare più efficacemente e risparmiare tempo grazie a Excel.

Il lavoro e gli impegni sono importanti ed è giusto che siano parte integrante della vita di tutti giorni. Ma lo è altrettanto ritagliarsi il giusto tempo libero da dedicare ai propri affetti e ai propri interessi.

Tutto questo si può conciliare con l’utilizzo dei giusti strumenti che ci semplifichino la vita.

Accidental Empires è un libro scritto nel 1992 da Mark Stephens sotto lo pseudonimo di Robert X. Cringely che racconta la storia della Silicon Valley e la nascita dell'industria del personal computer. Ripubblicato con l'aggiunta di nuovi materiali, nel 1996 è stato realizzato un documentario basato sul libro prodotto dalla PBS (Public Broadcasting Service), il famoso Triumph of the Nerds: The Rise of Accidental Empires , andato in onda in tre puntate condotte dallo stesso Cringely.

“Gli storici possono essere accusati di aver tralasciato qualcosa ma io sono qui per raccontarvi solo le parti succose”.
Con il suo stile informale Cringely intervista i personaggi che hanno fatto la storia del personal computer.

Traduzione a cura di WEMEDIA.it
Note: ogni riferimento temporale è relativo al 1996.


 

Salve a tutti, io sono Bob Cringely e sono qui per raccontarvi l'incredibile storia di come i personal computer hanno conquistato il mondo.
Perchè vi sto dicendo queste cose da un campo da basket? Beh, lo sport mi piace, ma il vero motivo è quella persona laggiù. Il suo nome è Paul Allen ed ogni cosa qui appartiene a lui: la squadra dei Portland Trailblazer, il loro stadio e anche le ragazze pon pon. Grazie ai personal computer lui ha 8 miliardi di dollari da spendere per i suoi giocattoli.Venti anni fa Allen e il suo compagno di scuola, Bill Gates, fondarono un'azienda software chiamata Microsoft. Oggi Allen è più ricco di un dio e Gates è più ricco di Allen.Venti anni fa, ragazzi come Paul Allen e Bill Gates inventarono il personal computer e innescarono una rivoluzione che avrebbe cambiato per sempre il nostro modo di vivere, lavorare e comunicare. È difficile da credere che venti anni fa ancora non esistevano i personal computer, oggi sono la terza più grande industria al mondo il cui giro di affari è paragonabile a quello della produzione di energia o delle sostanze illegali, ma la cosa più divertente è che tutto accadde quasi per caso, grazie ad un gruppetto

di nerds che volevano stupire i loro amici.Questa è la storia dei ragazzi che lanciarono una rivoluzione industriale, che riuscirono a cambiare la cultura del business e aprirono una nuova epoca.

Steve Jobs (co-fondatore della Apple Computer): Mi sento incredibilmente fortunato per essere stato al posto giusto nella Silicon Valley, esattamente in quel periodo quando l'invenzione ha preso forma.

Steve Wozniak (co-fondatore della Apple Computer): Non sapevamo che avremmo fatto tutta questa strada, neanche lo pensavamo, facevamo tutto per divertimento, anche a costo di rimetterci qualche soldo, solo per poter dire di avere la nostra azienda.

Bill Gates (co-fondatore della Microsoft): Ora possiamo dire tutti insieme che avevamo ragione quando pensavamo che il personal computer avrebbe cambiato il mondo.

Steve Ballmer (vice-presidente Microsoft): Il PC è ormai entrato a far parte della vita della gente comune. A volte mi fermo a pensare quanto rapida e capillare è stata la sua diffusione, davvero incredibile.

La maggior parte di queste persone vengono da quel posto che è la loro casa naturale, la Silicon Valley a sud di San Francisco, California. Questa regione deve il suo nome alle numerose aziende elettroniche e informate che vi sono spuntate come funghi e proprio da qui provengono coloro che iniziarono la rivoluzione del personal computer, giovanotti di buona famiglia che abitavano in villette appena fuori città. Ma non sono le loro case che ci interessano, quanto piuttosto i loro garage.

Questo è il mio garage e queste sono tutte le mie cianfrusaglie. Sono probabilmente uno dei pochi nella Silicon Valley che nel suo garage ha ancora lo spazio per l'automobile, quasi tutti gli altri sembra ormai che lo usino per avviare aziende di computer e creare grandi fortune... ma io infatti non ho fatto fortuna, sono un fallito: ho scritto programmi per computer che a stento si caricano, ho progettato e costruito cose che, detto francamente, non funzionano affatto ma forse sono la persona giusta per raccontarvi la storia dei personal computer perchè, come ad un bravo gionalista di gossip, sembra che chiunque sia

disposto a rivelarmi i suoi segreti. E nello scrivere articoli di gossip per una rivista di computer devo dire che mi trovo a mio agio.
L'industria dei PC è in continuo cambiamento, le dinamiche sono guidate anche dai rumors e dal gossip e io mi nutro di questo. La mia casella email è inondata da ogni tipo di informazione: dalle specifiche tecniche di un prodotto a chi è andato a letto con chi. Accumulo tutti questi pettegolezzi con l'unico scopo di ricercare la verità.

Ma torniamo a questi signori e al loro amore per la tecnologia che ha alimentato la rivoluzione del PC.Capire loro significa capire come quella rivoluzione può essere accaduta. Procediamo.

Oggi nel 1996, come nel 1976, c'è sempre una nuova generazione di adolescenti che sono ossesionati dall'elettronica e dall'informatica e, piuttosto che guardare la TV, preferiscono di gran lunga sperimentare qualche nuova tecnologia.

Sono quel genere di ragazzi che sono ben disposti a lottare contro i problemi tecnici che gli si presentano piuttosto che contro un mondo di gente imprevedibile. Sono i futuri ingegneri, programmatori, hackers, tecnici... o possiamo semplicemente chiamarli “nerd ”.

Douglas Adams (scrittore di fantascienza): Penso che un nerd sia quel tipo di persona che usa un telefono per parlare con qualcuno di telefoni. E un nerd che usa un computer lo fa con lo scopo di usare un computer.

Christine Comaford (CEO Corporate Computing): Le persone hanno tipi differenti di passioni e un differente livello di coinvolgimento. Ad esempio, alcuni vivono solo per i database, rappresentano il loro principale interesse, eseguire operazioni complesse significa per loro raggiungere il nirvana, sono la prima cosa a cui pensano appena si svegliano al mattino.

Anche i pionieri della Silicon Valley erano chiamati “nerd” ma il modo in cui li chiamava la gente non gli ha impedito di realizzare i loro sogni. Hanno fatto del proprio hobby un business e hanno imposto la loro cultura del lavoro. L'orario fisso, dalle nove di mattina alle cinque di pomeriggio è sorpassato, in questa industria puoi lavorare anche 80 ore a settimana.

Mark Van Haren (programmatore): Ormai ho preso l'abitudine di andare a dormire al mattino presto, quando tutti gli altri si stanno alzando.

Bill Gates : La nostra non era una giornata normale di 24 ore, potevamo andare avanti a programmare per un paio di giorni ininterrottamente. Quando ci veniva fame, facevamo una specie di corsa in macchina per raggiungere un ristorante e lì continuavamo a parlare di quello che stavamo facendo, quindi tornavamo e ci rimettevamo di nuovo a programmare. Erano giorni frenetici ed eccitanti ma per me ed i miei amici quello fu anche un periodo divertente.

Mat Hostetter (programmatore): Mi nutrivo di quello che trovavo nel frigorifero, pizza fredda in genere. Bevevo circa due litri di Coca al giorno che, insieme alla musica heavy metal, mi teneva sveglio.

Steve Wozniak : Mi sedevo sul pavimento della mia stanza con disseminati tutto intorno fogli di carta con il progetto del computer a cui stavo lavorando. Ad un certo punto mi accorgevo che si era fatto molto tardi e che avevo bevuto molte lattine di Coca – faceva proprio parte della nostra vita.

Doug Muise (Software designer): La combinazione di pizza rafferma, puzza di sudore e qualche bibita rovesciata sul tappeto, era all'epoca piuttosto diffusa.

Joe Krause (Presidente di Architext): Una volta mi portai a lavoro degli spaghetti ma poi dimenticai di lavare il contenitore per i successivi due giorni, o forse sei o sette per essere onesti. E l'odore sprigionato era disgustoso.

Doug Muise : Mangiare, lavarsi, avere una ragazza, relazionarsi con il prossimo, erano tutte cose accessorie. Scrivere codice era tutta la nostra vita, qualsiasi altra cosa rappresentava un'interruzione, una perdita di tempo.

Cosa c'è di così eccitante nella logica interna di un computer? E soprattutto, il suo funzionamento può essere compreso pienamente o rientra nella categoria delle cose inspiegabili? Molto tempo fa, gli

enormi computer mainframe erano presi in cura da ingegneri in camice bianco e questi erano come dei sacerdoti che prendevano molto sul serio il proprio lavoro. Oggi i computer continuano a lavorare usando la stessa logica, questo vale sia per i grandi server che soddisfano migliaia di utenti, sia per il mio piccolo notebook. Essi non fanno altro che elaborare dati, ogni cosa che puoi quantificare può essere elaborata da un computer con una serie di operazioni.

Il computer deve essere istruito, bisogna dirgli esattamente quali dati deve usare, quali operazioni fare e in che ordine. Queste istruzioni sono il codice, il programma, che il computer traduce in uno speciale codice binario composto unicamente da una sequenza di zero e uno, il così detto linguaggio macchina.Una volta i computer dovevano essere programmati usando unicamente il linguaggio macchina attraverso degli interruttori e questo era tutt'altro che semplice e pratico da usare. Un altro aspetto negativo era il fatto che ogni computer parlava un tipo differente di linguaggio macchina. L'ENIAC poteva calcolare la traiettoria di una bomba in venti secondi. Agli operatori erano necessari due giorni per inserire le istruzioni necessarie per quel tipo di elaborazione.

In seguito il problema fu risolto da un capitano della marina, Grace Hopper, che inventò il linguaggio di programmazione: semplici parole che il computer stesso poteva tradurre in codice binario. Gli utilizzatori potevano ora digitare direttamente al computer tutta la lista delle istruzioni piuttosto che azionare quei dannati interruttori.

Come molte altre cose che hanno a che fare con i computer, questo primo linguaggio di programmazione ha un nome ridicolo: COBOL. Fu presto seguito da altri linguaggi come il FORTRAN e il BASIC che resero il computer un po' più user-friendly.Così, quando un nerd vi racconta che è stato tutta la notte a programmare o a scrivere del software, egli non ha fatto altro che scrivere una lunga lista di istruzioni nel suo computer.Sono proprio i nerd che nutrono una sorta di amore per la purezza digitale di quelle istruzioni fatte di zero e di uno.

Steve Wozniak : Mi portai a casa un libro che descriveva il funzionamento di un computer PDP 8, era come una bibbia per me.

Intendo dire, ci sono delle cose a cui uno si appassiona: ti puoi appassionare ad un gioco di carte chiamato Magic, alle parole crociate, o ad uno strumento musicale... io mi ero innamorato della logica all'interno dei computer, qualcosa che ha un po' a che fare con la matematica, potevo schematizzare i problemi su carta, vedere come funzionavano le cose e potevo anche inventarmi qualche soluzione diversa, e questo era appagante e mi rendeva felice.

Steve Jobs : Digitare dei comandi sulla tastiera ed attendere un responso era qualcosa di notevole, specialmente per un bambino di dieci anni. Scrivere un programma diciamo in Basic, o in Fortran, era come far eseguire alla macchina una propria idea e se il risultato restituito era quello che immaginavamo dovesse essere, allora significava che il programma funzionava e tutto ciò era un'esperienza eccitante.

I nerd della prima generazione avrebbero voluto possedere da subito un proprio computer ma per rendere questo possibile doveva ancora avvenire una sostanziale evoluzione tecnologica. Fu l'invenzione del microprocessore che permise di miniaturizzare i computer e condensare la potenza di un mainframe sulle nostre scrivanie.

Negli anni ‘50 i mainframe erano enormi perchè costituiti da migliaia di valvole. In seguito le valvole furono rimpiazzate dai transistor – ma i computer necessitavano ancora di un'ulteriore miniaturizzazione per essere ospitati su una scrivania: un singolo pezzo di silicio con migliaia di microscopici transistor. Un odierno microprocessore, il cuore di ogni personal computer, è costituito da milioni di transistor. Ed ecco spiegato perchè questa valle si chiama Silicon Valley e non Computer Valley.

Intel , l'azienda che inventò il microprocessore, fu fondata nel 1968 da un gruppetto di fuoriusciti dalla Fairchild Semiconductor dopo una litigata con il loro vecchio capo. Oggi le loro cpu equipaggiano l'85% dei computer al mondo.

Intel non solo inventò i chip, creò quel modo di lavorare tipico della Silicon Valley, dove ognuno è chiamato con il suo nome proprio, non ci sono parcheggi riservati, non ci sono uffici di lusso, solo postazioni di

lavoro.Ed eccoci qui con il grande capo.

Gordon Moore (Co-fondatore di Intel): In un settore come questo, le persone che hanno il potere sono quelle che capiscono quale direzione conviene prendere, e non sono necessariamente sempre quelle al vertice della piramide. La cosa fondamentale è che solo le persone competenti siano poi chiamate a prendere delle decisioni. Così quando noi progettiamo di fare qualcosa, diamo voce a chiunque dimostri di avere la conoscenza necessaria prima di intraprendere una strada.

I processori di intel diventarono via via più potenti. Nel 1974 fu realizzato l'8080 che aveva la potenza necessaria da equipaggiare un vero computer. Ma Intel sembrava non apprezzare la bontà dei propri prodotti e li vedeva destinati all'uso in calcolatrici e semafori. Intel aveva tutti gli elementi necessari per dare vita all'industria dei PC, ma non lo fece.

Gordon Moore : Guardando al passato, effettivamente ci fu un'opportunità. Ricordo che un ingegnere mi propose l'idea di realizzare un computer per uso domestico. Naturalmente ancora non si parlava di personal computer. Sembrava molto convinto della sua idea ma quando gli chiesi a cosa sarebbe potuto servire, mi rispose che una casalinga avrebbe potuto metterlo in cucina per memorizzare le ricette... ma io non ce la vedevo proprio mia moglie che armeggiava in cucina con un computer. Sembrava proprio che quel progetto non potesse avere applicazioni pratiche, così scartammo quell'idea.

L'intel 8080 fu il chip che innescò la rivoluzione dei microcomputer. Nel Gennaio 1975, sulla copertina di Popular Electronics fa bella mostra di se quello che è considerato il primo personal computer al mondo, l'Altair 8800.

E tutto nacque dall'idea folle di un ex ufficiale dell'Air Force che veniva dalla Geogia, Ed Roberts.

Ed Roberts (fondatore di MITS): Con il senno di poi appare come un progetto grandioso, quasi da megalomani. Con l'età e l'esperienza di oggi, consapevole di tutte le difficoltà, probabilmente non mi butterei in quell'impresa. All'epoca è stato possibile perchè non sapevamo che era impossibile!

Eddy Currie (amico di Ed Roberts): Ho assistito alla nascita dei microcomputer e nel mio garage probabilmente c'è tutto quello che volete sapere. Non intendo vecchi pezzi di hardware, non sono molto ferrato in materia, mi riferisco invece ad una catasta di audiocassette! Con Ed usavamo questo modo bizzarro di comunicare, ci scambiavamo audiocassette invece di usare il telefono, forse per risparmiare sulla bolletta. Ho trovato una registrazione in cui Ed parla di scenari futuri e del suo sogno di realizzare l'Altair che all'epoca non aveva ancora un nome e veniva chiamato semplicemente “computer”. La sua visione era già chiara.

Venti anni dopo quella splendida intuizione, siamo qui a celebrare l'anniversario dell'Altair. Come ogni altro pioniere del PC, Ed costruì il suo computer perchè voleva “giocarci”.

Ed Roberts : In quel periodo molti di noi desideravano ardentemente un computer. Tutti i computer al mondo erano confinati in qualche struttura dove era necessario un permesso per accedervi e in pratica pochissimi avevano il privilegio di usarli. L'idea di poter possedere un proprio computer e di poterci fare quello che volevi, dove volevi, era semplicemente fantastica.

Questo sogno stava prendendo corpo in uno scenario molto distante dalla Silicon Valley, lontano da Intel ed IBM.
Siamo ai margini del deserto, vicino l'aereoporto di Albuquerque, New Mexico. Ed Roberts guidava una compagnia chiamata MITS che produceva calcolatori elettronici. Gli affari non andavano affatto bene, nessuno comprava più calcolatori, MITS rischiava la bancarotta e Ed aveva bisogno di $65.000 per rimanere a galla.

Ed Roberts : Se la banca non ci avesse concesso quel prestito addizionale di $65.000, l'unica alternativa sarebbe stata chiudere. Quando mi chiesero quante nuove macchine prevedevo di vendere nel giro di un anno, risposi circa ottocento, una stima più che ottimistica ma che io stesso consideravo infondata. Un mese dopo la presentazione dell'Altair viaggiavamo ad un ritmo di 250 ordini al giorno.

L'Altair non era ancora un computer, era un computer in KIT. Era

sicuramente una gran bella macchina ma te la dovevi assemblare da solo e una volta fatto spesso non funzionava. Nonostante tutto, la domanda fu incredibile.

David Bunnell (fondatore della rivista PC World): Ricordo persone che si accampavano nel parcheggio della MITS aspettando impazientemente di ricevere le macchine che avevano ordinato.

Eddy Currie : La cosa sorprendente era che, per esempio, anche uno squattrinato studente del college poteva permettersi di comprare un computer.

David Bunnell : Sembrava che la gente stesse dando sfogo ad una sorta di volontà repressa di possedere un proprio computer.

L'Altair può essere considerato il primo esemplare di personal computer, un vero pezzo di storia. Ma abbiamo una domanda: a cosa serviva? C'è un pannello frontale pieno di luci ed interruttori, ma sul retro non ci sono porte per connettere tastiera, monitor e stampante. Sembrerebbe un oggetto del tutto inutile ma chi lo possedeva nel 1975 ne era entusiasmato. I nerd formarono dei club per parlare del loro nuovo giocattolo. Uno dei primi e dei più famosi fu l'Homebrew Computer Club , che si riuniva ogni mercoledì sera in una sala della Stanford University, nel cuore della Silicon Valley. Lee Felsenstein era uno dei membri fondatori di quel club.

Lee Felsenstein : Era difficile gestire il clima di anarchia, ottenere l'attenzione dei presenti ed iniziare un discorso era quasi impossibile mentre tutti parlavano fra di loro. Così dovevo far finta di picchiare qualcuno.

La maggior parte di noi si interessava all'elettronica, ma c'erano anche fisici e radioamatori vogliosi di sperimentare qualche nuova tecnologia. Ci sentivamo dei geni incompresi ma almeno avevamo la speranza di poter mettere le mani su un computer tutto nostro.

Fu proprio l'inutilità dell'Altair a stimolare gli hobbisti. Non esisteva una tastiera, l'Altair era tedioso da usare: l'unico modo per inserire i dati e le istruzioni nel computer era quello di azionare gli interruttori. Proviamo a fare un'operazione banale come 2+2. Per ogni “2” bisognava posizionare correttamente otto interruttori, quindi un nono

era usato per caricarli, l'operatore “And” richiedeva altri nove interruttori. La risposta “4”, naturalmente in binario, era data dal terzo led acceso a partire da sinistra. Eureka!
Roger Melen e Harry Garland avevano appena fondato la loro piccola azienda di computer. Assistevano a quegli incontri per cercare di capire cosa diavolo era possibile fare con quel nuovo giocattolo – era una soluzione in cerca di un problema.

Roger Melen (co-fondatore di Cromemco): Così, se avevi un programma lungo centinaia di byte dovevi ripetere questa estenuante procedura per caricarlo in memoria.

Harry Garland (co-fondatore di Cromemco): Ci impiegavi un sacco di tempo. E se qualcosa andava storto o sbagliavi ad inserire un dato quando eri arrivato a metà, volavano le imprecazioni.

L'Altair poteva essere frustrante ma portò i nerd a sperimentare, gli fece trovare degli scopi per uno scatolotto inutile e questo lo trasformò da oggetto curioso ad un vero computer.

Lee Felsenstein : Ad un incontro all'Homebrew Computer Club, Steve Dumpier portò un Altair e laboriosamente iniziò ad inserire un programma. Ad un certo punto a qualcuno saltò in mente di staccare la presa elettrica e dovette ricominciare tutto da capo. Nessuno sapeva cosa stesse facendo, del resto non è facile capirlo osservando un tizio seduto che fa lampeggiare delle luci.

Roger Melen : Mise una piccola radio a transistor accanto all'Altair e variando la lunghezza d'onda nel software, era in grado di riprodurre delle note.

Lee Felsenstein : La radio iniziò a suonare “Fool on the Hill”... Da da da, da da da.... e quelle piccole note metalliche erano generate dal “rumore” del computer che veniva catturato dalla radio. Tutti si alzarono e applaudirono. Io proposi di dargli un premio per aver trovato un uso per ciò che si riteneva fosse completamente inutile. Ma penso che tutti fossero troppo impegnati ad applaudire per ascoltarmi.

Roger Melen : Fu veramente emozionante, era la prima cosa concreta fatta con un Altair.

Per rendere l'Altair uno strumento veramente utile sarebbe stato necessario un linguaggio di programmazione che avrebbe consentito di caricare programmi senza usare gli interruttori. Serviva un linguaggio come il BASIC che era comunemente usato sui grandi computer, opportunamente modificato per un personal computer.

Ma un così detto interprete BASIC non esisteva ancora perchè tutti gli esperti ritenevano che nessun BASIC era abbastanza “basic” da stare dentro la piccola memoria dell'Altair. Ma ancora una volta gli esperti si sbagliavano.Qui ci sono i ragazzi che vennero a capo di quel problema. Venti anni dopo aver scritto il primo BASIC per i microcomputer, Paul Allen è tornato ad Albuquerque per celebrare quell'evento – e questa volta con il suo jet personale da 15 milioni di dollari e con un metro di tappeto rosso simbolicamente srotolato ai suoi piedi. Quest'uomo ha fondato un impero ed oggi è venuto qui a mangiare del pollo gommoso per festeggiare con noi.

Paul Allen : Un giorno ero a Boston, in Harvard Square, e vidi la copertina di Popular Electronics con la foto di quell'oggetto che avevo sempre sognato, così ne comprai una copia e mentre la sfogliavo corsi a casa di Bill.

Mi disse che quella notte aveva giocato a poker e aveva perso un po' di soldi. Fu una delle rare volte che gli accadde una cosa del genere.

Bill Gates : Paul mi mostrò la rivista e ci fu immediatamente chiaro che lì c'era un'azienda che avrebbe avuto bisogno di software.

Paul Allen : OK mi disse, dobbiamo chiamare questi tizi e capire se quello che promettono è vero.

Bill Gates : Realizzammo in fretta quello che stava per succedere, anche perchè era da parecchio tempo che ipotizzavamo che un microprocessore abbastanza potente avrebbe potuto dar vita ad una macchina simile.

L'industria si era ormai messa in moto e di certo non avrebbe aspettato che io avessi completato i miei studi ad Harvard.

Paul Allen : Così chiamammo Ed Roberts dicendogli che avevamo il Basic per l'Altair e che volevamo un incontro per mostrarglielo. Omettemmo solo un piccolo particolare: non l'avevamo ancora

realizzato.

Bill Gates : Creammo in fretta e furia l'interprete BASIC. Paul volò ad Albuquerque portando con se il nastro perforato. La notte precedente ricontrollai tutto per essere sicuro che funzionasse, e funzionò.

Paul Allen : In realtà non avevo idea di come avrebbe girato quel software, non l'avevo mai caricato su un vero Altair prima di allora.

David Bunnell : Paul era molto agitato perchè non era sicuro che avrebbe funzionato. Entrammo nell'ufficio e ci riunimmo attorno a lui mentre metteva mano agli interruttori e caricava sull'Altair il nastro perforato con il BASIC.

Paul Allen : Si, ero un po' nervoso, ma per fotuna tutto andò bene. Bill Gates : Fu fantastico quando Paul mi chiamò e mi disse che

aveva funzionato al primo colpo e che era incredibilmente veloce.

David Bunnell : Se quella dimostrazione avesse fallito forse non sarebbe mai esistita la Microsoft.

Ma grazie a quel successo, Bill decise di interrompere i suoi studi universitari. Non voleva assolutamente perdere l'opportunità di essere un protagonista in quella nuova industria, così raggiunse Allen in quello che poteva essere considerato il centro del mondo per quanto riguarda lo sviluppo dei microcomputer, fra gli squallidi Motel e le stazioni di servizio di Albuquerque nel New Mexico.

David Bunnell : Paul e Bill alloggiavano al Sundowner Motel , dall'altra parte della strada, di fronte alla sede della MITS. Era pieno di prostitute e spacciatori, loro scrivevano il BASIC per l'Altair. E ad Albuquerque arrivarono a fondare la Microsoft.

Paul Allen : Chiamavamo i nostri vecchi amici e li invitavamo a farci visita per vedere come ce la passavamo quaggiù, e il nostro appartamento divenne presto molto affollato.

Bill Gates : Eravamo giovani. Quando decisi di trasferirmi lì avevo 19 anni ed ero pieno di energia.

David Bunnell : Lavoravano sodo ma avevano l'abitudine di ascoltare musica ad un volume esageratamente alto, facevano rimbombare le pareti della stanza, soprattutto con l'acid rock.

Paul Allen : Di solito la sera mangiavamo una pizza e poi andavamo al cinema.

David Bunnell : Poi lavoravano tutta la notte e qualche volta ho trovato Bill Gates che dormiva sdraiato sul pavimento del laboratorio software.

Paul Allen : Quando stavamo convertendo il BASIC per l'8080 il nostro appartamento era letteralmente invaso da fogli di carta, ce n'erano cataste dappertutto.

Bill Gates : Ancoro ricordo quel codice sorgente, fu proprio un lavoro fatto con amore, messo a punto in ogni dettaglio. E la cura che ci mettemmo fu ripagata.

Il BASIC permise all'Altair di essere usato sia per divertimento, sia per dei veri lavori. Gli utenti iniziarono a scrivere giochi, programmi per gestire il testo ed elaborare dati numerici. Era difficile da notare ma in brevissimo tempo si era sviluppata una fiorente industria per appassionati. Alla fine del 1975 decine di altre aziende stavano producendo microcomputer.

Ed Roberts : Noi creammo un industria e penso che la cosa non ci sia stata riconosciuta. Intendo ogni aspetto di questa industria: l'hardware, il software, la rete di vendita... tutte cose che prima non esistevano.

Bill Gates : Era un periodo molto eccitante e del tutto privo di regole. Al primo convegno dedicato agli utenti, erano presenti anche altre aziende come Processor Technology, Imsai e Cromemco che all'epoca si dedicavano alla produzione di periferiche e schede di espansione. Queste compagnie caddero poi nel dimenticatoio ma hanno rappresentato l'umile inizio dell'industria del PC.

Lasciato nelle mani di questi primi hobbisti, il PC non l'avremmo mai trovato in un centro commerciale.

Raggiungere un mercato più ampio richiede un altro tipo di visione. C'era bisogno del figlio dei fiori della California, che pensava che il PC era roba tosta.

Steve Jobs : Alla fine degli anni ‘60 e all'inizio degli anni ‘70, quando diventai maggiorenne, si respirava un'aria diversa e fu come una scintilla che si accese in me. È la stessa cosa che succede a quegli uomini che vogliono fare a tutti costi il poeta piuttosto che il banchiere. Penso sia una cosa meravigliosa. E penso che lo stesso spirito che ti porta a fare certe scelte possa essere messo nei prodotti, e quei prodotti, quando arrivano nelle mani della gente, possano trasmettere quello spirito.

Jim Warren sa meglio di chiunque altro quanto il movimento hippy fu importante per i PC. Lui che ne è un esponente radicale, organizzò il West Coast Computer Faire, che all'epoca era il più grande evento al mondo dedicato ai computer. L'esposizione si svolgeva in quel luogo dove era concentrata la produzione di PC. È lì a San Francisco che Jim fece fortuna. Egli rimase immadiatamente affascinato dai PC come molti altri hippy della Bay Area. La controcultura californiana fu determinante per lo sviluppo dei personal computer.

Jim Warren : Lo spirito era quello di lavorare insieme, di condividere qualcosa. Puoi condividere i tuoi spinelli, il tuo letto, la tua vita, i tuoi sogni. Noi tutti ci sentivamo parte di una comunità e lo stesso spirito permeava l'Home Brew Computer Club. Quando qualcuno risolveva un problema si precipitava alla riunione successiva e prendeva la parola presentando la sua soluzione: “Ecco qua, non è meraviglioso? Sono o non sono bravo?”

Sono fermamente convinto che questa sia stata una delle principali componenti grazie a cui nella Silicon Valley si sviluppò così rapidamente la tecnologia, perchè se tutti condividono le proprie esperienze ognuno ne trae beneficio.

Da questa creativa condivisione nacque l'Apple Computer, la prima azienda di PC che puntò al mercato di massa.
I fondatori della Apple frequentavano regolarmente l'Home Brew Computer Club. Steve Wozniak era il mago dell'elettronica e Steve Jobs era il visionario che immaginava i microcomputer come un

possibile business. Ma la Apple non fu la loro prima impresa. Woz & Jobs avevano già costruito un dispositivo chiamato “blue box” per truffare la compagnia telefonica.

Steve Wozniak : La blue box era un congegno che emetteva dei toni, dei segnali sonori, che permettevano di commutare la telefonata verso un altro numero... in pratica permetteva di telefonare gratis in qualsiasi parte del mondo.

Steve Jobs : Una notte, nei meandri della libreria dello Stanford Linnear Accelerator Centre, in un angolo dell'ultimo scaffale scovammo un manuale tecnico della AT&T dove era spiegato per filo e per segno come realizzare quel dispositivo. Fu un momento che non mi scorderò mai.

Steve Wozniak : Ero proprio un gran burlone e con un grosso registratore a cassette iniziai a registrare le conversazioni telefoniche per divertire gli amici e dimostrare quanto era facile chiamare all'estero.
Una volta portai il registratore al dormitorio del college, lo poggiai sul pavimento della stanza e misi in play le telefonate che avevo registrato. Avevo chiamato il Ritz a Londra per una prenotazione, e qualche altro scherzetto simile, di paese in paese, fino a Sydney in Australia, e visto che tutti sembravano sbalorditi da queste cose, dissi che avrei potuto chiamare anche il Papa. Infatti chiami in Italia per avere il numero del Vaticano e poi deviai la telefonata: “Qui parla Henry Kissinger, vorrei parlare con il Papa a proposito del suo viaggio...” Mi dissero di aspettare un minuto mentre andavano a svegliarlo, lì erano le 4:30 del mattino. Rimasi in linea, dopo un po' mi passarono un alto prelato che avrebbe tradotto e riferito al Papa. “Tu non sei Henry Kissinger!” mi disse, ma io con un po' di accento risposi “Certo che sono Henry Kissinger, può richiamarmi a questo numero”, gli detti un numero inventato e chiaramente non richiamarono – ad ogni modo fu un successo, almeno l'avevo svegliato.

Steve Jobs : Ciò che imparammo era che noi eravamo in grado da soli di costruire qualcosa che poteva controllare un'infrastruttura a livello mondiale del valore di miliardi di dollari – una piccola cosa che ne controlla una enorme, fu una grande lezione per noi. Non penso

che ci sarebbe mai stato un computer Apple senza le blue box.

Il primo computer Apple era piuttosto primitivo, fu realizzato da Woz per stupire i suoi amici durante le riunioni dell'Homebrew computer club.

Steve Wozniak : Tutti si interessavano di computer, così una piccola folla iniziò a radunarsi attorno a me perchè anche se ero troppo timido per alzare la mano e prendere la parola durante un incontro al club, ogni settimana, dopo la riunione, tiravo fuori il computer che avevo costruito, sempre con qualche miglioria, e invitavo le persone a digitare qualcosa sulla tastiera mentre gli spiegavo cos'era e come funzionava. Mi limitavo a rispondere alle domande tecniche che mi facevano, non ero bravo a farmi pubblicità e non avevo neanche l'intento di farmela ma un gruppo sempre più nutrito di persone mi circondava. L'interesse suscitato al club fu grande, Steve Jobs era uno dei più grandi estimatori del mio computer, diceva che dovevamo fondare una società per iniziare a venderlo. Lui propose il nome Apple... è così che tutto è cominciato.

Apple poteva essere a stento definita un'azienda... fondata da un paio di hackers poco più che ventenni e con la sede in un garage. Il primo Apple computer fu assemblato proprio nel garage di Jobs e oggi ce ne sono più di dieci milioni in uso in tutto il mondo.

Per un breve periodo di tempo fui un dipendente di Apple Computer, impiegato numero 12, e un giorno aiutai Steve Jobs a trasportare delle cose fuori dal suo famoso garage. A quel tempo Jobs mi disse che l'azienda aveva una scarsa liquidità e mi propose di essere pagato in azioni, ma io insistetti per i soldi e mia madre me lo sta ancora rimproverando. L'Apple 1 non era paragonabile nemmeno ad un Altair, era in pratica costituito dalla sola scheda madre e non aveva nè un case nè una tastiera. Steve Jobs riuscì a vendere solo poche decine di Apple 1 ma da quell'esperienza capì che c'era mercato per un vero computer, l'Apple II.

Steve Jobs : Mi apparve subito evidente che c'era un ristretto gruppo di hobbisti che erano in grado di assemblarsi il proprio computer, o almeno aggiungere alla nostra scheda il trasformatore per

l'alimentazione, il cabinet, la tastiera, e procurarsi il resto dei componenti. Per ognuno di questi, c'era un migliaio di persone, i così detti hobbisti software, che non avevano la capacità tecnica di farlo ma avrebbero voluto cimentarsi con la programmazione, proprio come avevo fatto io quando avevo dieci anni. Così il mio sogno per l'Apple 2 era vendere il primo vero computer assemblato e pronto all'uso.

Il sogno di Steve Jobs era impossibile. Erano necessari troppi componenti che avrebbero reso il prodotto troppo complicato e costoso da costruire. Ma Woz non sapeva che era impossibile.

Steve Wozniak : Perchè avere una memoria per lo schermo e una per il computer? Così pensai di unificarla e iniziai a ridurre il numero dei chips. Cercando sui manuali trovai un chip che semplificava il circuito dei timing e che svolgeva il lavoro che prima avevo realizzato con cinque chip. E così via, una cosa dietro l'altra, feci ogni ottimizzazione possibile finchè rimase un numero esiguo di chip ma alla fine era venuto proprio bene, era il computer che io per primo avrei voluto, un computer che poteva essere programmato per generare a video della grafica a colori, poteva gestire il testo, elaborare dati, era in grado di far girare qualsiasi cosa, anche i videogiochi.

Avevamo in mano un computer che potenzialmente poteva vendere mille unità al mese, diceva lui.

Steve Jobs : Ma ci servivano dei soldi per produrre il case, e per cose del genere intendo qualche centinaio di migliaia di dollari.

Steve Wozniak : E all'epoca il nostro conto in banca non arrivava a 400 dollari.

Steve Jobs : Così iniziai a cercare i fondi da qualche investitore disposto a rischiare il suo capitale.

Il ventenne fricchettone riuscì a sedurre il conservativo mondo dell'alta finanza. L'uomo che Jobs convinse a sposare la sua causa fu Arthur Rock, quello che può essere considerato l'inventore del venture capital, l'uomo che originariamente aveva investito e reso possibile la nascita di Intel. Ma almeno i ragazzi di Intel erano laureati e indossavano bei vestiti.

Arthur Rock (investitore di capitali a rischio): Steve indossava sandali, aveva i capelli lunghi, barba e baffi ma aveva le idee molto chiare. La prima volta che lo incontrai pensai che fosse ad un punto di svolta nella sua vita. Mi sono comportato come di norma un serio investitore non avrebbe mai fatto.

Con i soldi in mano e sotto la supervisione di un esperto manager ex-Intel di nome Mike Markkula, Woz & Jobs portarono a termine l'Apple II e ne commissionarono la produzione di 1000 unità ad una fabbrica locale. Erano trascorsi due anni tra l'Altair e l'Apple II e nel frattempo molte cose erano cambiate. Eravamo passati da un computer pensato per hobbisti e ingegneri, che anche dal suo aspetto sembrava un'apparecchiatura complessa indirizzata a questo target, a un computer che era più simile ad un prodotto elettronico di largo consumo, quasi un elettrodomestico, e per questo dobbiamo ringraziare Steve Jobs che con il suo senso del design impose questo tipo di case in plastica stampata per l'Apple 2, una vera innovazione nei personal computer.

Ma i pregi non si limitavano all'estetica, l'Apple 2 era un vero capolavoro di ingegneria ed un esempio lampante ne è il controller per il lettore di floppy disk, una schedina con soli otto chip, quando in precedenza ne erano necessari circa trentacinque, e per questo bisogna dar merito all'eccezionale lavoro svolto da Steve Wozniak, un vero mago dell'elettronica.

L'Apple II fu lanciato nel 1977 al West Coast Computer Faire di Jim Warren, una delle prime grandi esposizioni di microcomputer che contava migliaia di presenze e dozzine di espositori, la maggior parte dei quali erano membri dell'Homebrew Computer Club che avevano fondato una loro compagnia. Ma lì c'era solo un'azienda che mostrava qualcosa che aveva l'aspetto un moderno personal computer: a destra dell'entrata, in una privilegiata postazione presieduta da Steve Jobs, faceva bella mostra di sè l'Apple II che ipnotizzava chiunque lo vedesse.

Andy Hertzfeld (Apple Computer Designer): Ero ancora uno studente quando andai al primo West Coast Computer Faire perchè ero molto interessato ai personal computer, e sopra ad un piccolo

tavolo, che sembrava quasi un tavolo da picnic, coperto con una semplice tovaglia, c'era questo rivoluzionario Apple 2 che è rimasto scolpito nella mia memoria come avvolto da un alone magico che catturava tutta la mia attenzione.

Steve Jobs : Ricordo che rubammo proprio la scena durante quell'esposizione, molti rivenditori e distributori facevano la fila per contattarci, lì iniziò la nostra corsa.

Infatti nei successivi due anni assistemmo ad una crescita esplosiva di Apple, con migliaia di clienti che letteralmente bussavano alla porta del piccolo ufficio di Cupertino, in California. Le vendite ed i profitti salirono così rapidamente che Apple aveva più soldi di quanti ne potesse spendere. E l'azienda era molto giovane. Se i fondatori erano poco più che ventenni, alcuni impiegati erano anche più giovani, come il quattordicenne Chris Espinoza, che ancora lavora in Apple dopo quasi vent'anni.

Chris Espinosa (Manager Apple): Ogni martedì e giovedì alle tre di pomeriggio facevamo una dimostrazione pubblica dei nostri prodotti. L'orario era perfetto perchè era dopo la scuola. Ero al secondo anno delle superiori, appena uscito inforcavo il mio motorino e mi precipitavo agli uffici della Apple e alle tre in punto davo inizio alla dimostrazione dell'Apple 2.

Steve Wozniak : Il clima in ufficio era molto rilassato e si scherzava in continuazione. Per almeno un paio d'anni non penso che ci stata in Apple una persona veramente seria. Ci sentivamo dei privilegiati e ci godevamo un giorno dopo l'altro i frutti del nostro lavoro.

Chris Espinosa : Alcune persone che avevano assistito a quelle dimostrazioni, mi hanno ricontattato anni dopo dicendomi di aver aperto una catena di negozi di computer che fatturava milioni di dollari, e che la spinta decisiva per iniziare il loro business era stata proprio ciò che io stesso gli avevo mostrato un martedì pomeriggio alla Apple. E' divertente.

Steve Wozniak : Accadde tutto così improvvisamente e il successo fu tale che Steve ed io non ci saremmo dovuti preoccupare del lavoro per il resto della nostra vita. Fu una sorta di shock, ma era solo l'inizio,

l'ascesa sembrava inarrestabile.

L'Apple II definì un nuovo standard per i personal computer e dimostrò che in quel settore si potevano fare i soldi veri. Spuntarono numerose aziende concorrenti ma il mercato era ancora a livello hobbistico e l'utilizzatore tipo era un ragazzo capellone che pensava di usare il suo computer per controllare un modellino ferroviario.

Per essere presi seriamente i microcomputer dovevano iniziare a fare qualcosa di cui c'era un vero bisogno, e non essere usati solo per puro divertimento.
Il mondo degli appassionati aveva i suoi limiti, per raggiungere tutti gli altri c'era bisogno che qualche nerd tirasse fuori una killer application, un software talmente utile che le persone avrebbero comprato un computer con l'unico scopo di usare quel programma.

Per l'Apple II la killer application fu un programma chiamato VisiCalc . Concepito da Dan Bricklin , uno studente della Harvard Business School, e realizzato con l'aiuto del suo amico programmatore Bob Frankston , VisiCalc fu il primo foglio di calcolo elettronico.

Un foglio di calcolo è uno strumento usato comunemente nella pianificazione finanziaria e grazie ad esso si incontrarono per la prima volta il profumo dei soldi con la potenza elaborativa dei microcomputer.
Ad Harvard, il professore di Dan Bricklin mostrava alla lavagna una griglia con dei numeri e spiegava come le aziende calcolavano le entrate e le uscite. Il segreto in un foglio di calcolo è che tutti i valori nella tabella solo collegati gli uni agli altri, così, ad esempio, se cambiamo i valori riferiti ad un anno nella griglia, questi andranno a modificare i prezzi e i profitti, le entrate e le uscite, anche negli anni successivi.
Agli studenti veniva chiesto di calcolare come i futuri profitti sarebbero stati influenzati variando gli scenari finanziari. Ciò consisteva in pratica nel cambiare alcuni valori nella griglia e, con grande pazienza, nel ricalcolare tutto a mano.

Dan Bricklin (inventore di VisiCalc): Bene, supponiamo di avere dei costi fissi iniziali pari a cento ma nel corso del primo anno riesci ad evere un abbattimento del 20% e del 25% nel secondo anno, e di aumentare le vendite del 10%, anzi no del 15%, considerando anche

il costo del denaro... Capite bene quanto fosse noiso dover fare una serie di calcoli usando dei valori che scaturivano da altri valori che li precedevano, era tutto collegato e un singolo errore spesso significava un disastro.

Dan, che aveva un po' di esperienza come programmatore, iniziò a pensare che un computer poteva essere usato in qualche modo per evitare quei noiosi calcoli manuali.

Dan Bricklin : Immaginai una specie di lavagna magica che lavorava allo stesso modo di un word processor: se in un testo viene cancellata, inserita o modificata una parola, tutte le altre sono spinte avanti e indietro automaticamente, allora perchè non ricalcolare tutti i valori della griglia secondo lo stesso principio? Così, ad esempio, se sostituisco un mio numero, diciamo 10% invece di 20%, basta inserirlo nella cella della tabella e tutti gli altri valori che ne scaturiscono saranno calcolati automaticamente. Ecco come è nata l'idea del foglio elettronico.

Seguendo un modello oggi piuttosto comune, Dan Bricklin ideò il programma ma incaricò il suo amico Bob Frankston di scrivere il codice vero e proprio. Dopo mesi di programmazione a tarda notte, quando l'affitto di un minicomputer in time-sharing era più economico, la lavagna magica della Harvard Business School prese finalmente vita.

Dan Bricklin : Con VisiCalc era possibile fare in un'ora il lavoro che avrebbe tenuto occupato un ragioniere per un'intera settimana. I vantaggi erano talmente evidenti che alcune persone ancora mi ringraziano dicendo che gli ho cambiato la vita, che ho reso la contabilità una cosa divertente...

Bob Frankston (Programmatore di VisiCalc): Bisogna ricordare che all'epoca ancora non si parlava di foglio elettronico perchè nessuno sapeva cosa fosse un foglio elettronico. Proposi il nome Visible Calculator , poi abbreviato in VisiCalc , perchè rendeva bene quell'aspetto che volevamo enfatizzare.

VisiCalc fu messo in vendita nell'Ottobre del 1979 al prezzo di $100. Marv Goldschmitt vendette le prime copie nel suo negozio di computer

a Bedford, nel Massachusetts. Dopo un lento avvio VisiCalc decollò.

Marv Goldschmitt : Nella nostra società ci sono delle persone ossessionate dai numeri, sia per lavoro, sia per le comuni attività personali. Quanto valgono le mie azioni in portafoglio? È sufficiente il budget per questo progetto? VisiCalc dava loro la capacità di giocare con i possibili scenari, e per chi prende delle decisioni in base ai numeri, riuscire a visualizzare immediatamente quale risultato scaturisce modificando un valore, donava loro un grande senso di controllo e di appagamento.

Per ogni uomo d'affari il foglio di calcolo era come una sfera di cristallo che rispondeva a tutte quelle domande del tipo “Cosa succede se...” Quanto risparmio se chiudo il reparto di ricerca e sviluppo? E se investo 10 milioni di dollari in calzamaglie e collant? Guarda! In meno di un anno diventerò ricco e le signore avranno gambe più snelle nello stesso tempo! Il Computer dice questo!

Gli effetti del foglio di calcolo furono enormi. Un ventiquattrenne laureato in economia e commercio, armato di un Apple 2 con VisiCalc, con solo due paginette di dati di dubbia provenienza, riuscì a convincere i manager che amministravano la sua azienda a saccheggiare i fondi pensione per destinare quei capitali in rischiosi investimenti all'estero.
Era proprio uno strumento perfetto per gli anni ‘80, un decennio in cui i soldi erano tutto e ogni cosa sembrava lecita in nome del profitto. In cinque anni il PC si era evoluto da giocattolo per hobbisti ed era diventato la locomotiva che guidava il cambiamento e che stava delinendo la società in cui viviamo.
Grazie a VisiCalc l'Apple II è entrato nella storia.

Steve Wozniak : Tutti sembravano interessati a quello che stavamo facendo. C'era una grande esposizione mediatica, eravamo sotto i riflettori e ricevevamo quel tipo di attenzione particolare, paragonabile a quella che oggi viene riservata a internet. Su ogni giornale, ogni giorno c'era un qualche articolo che parlava dell'avvento dei personal computer, Apple era una delle aziende più importanti ed eravamo dipinti come i leader di una rivoluzione. E noi ci sentivamo i leader della rivoluzione, stavamo cambiando la vita della

gente.

Niente male per una compagnia avviata solo tre anni prima in un garage. Ma non tutti i pionieri del PC hanno fatto una grande fortuna. Dan Bricklin non brevettò la sua idea di foglio elettronico. Anche se sono stati venduti più di 100 milioni di fogli elettronici dal 1979, a Bricklin e Frankston non è stato possibile esercitare alcun diritto di paternità e non gli è stata pagata alcuna royalty in tutti questi anni.

Dan Bricklin : Se guardiamo al successo che hanno avuto tante altre persone, in effetti un po' di tristezza mi viene.

Bob Frankston : Sarebbe stato bello diventare straricchi, ma ciò non accadde forse anche perchè non era quello che volevamo veramente.

Dan Bricklin : Noi eravamo figli degli anni ‘60, e cosa volevamo fare? Volevamo rendere il mondo migliore, volevamo lasciare un segno, migliorare le cose, ed è quello che abbiamo fatto. Se guardiamo le cose sotto questo aspetto per misurare noi stessi, allora si, abbiamo avuto successo.

E cosa ne è stato di Ed Roberts? Dopo tre anni e 40.000 computer venduti dalla presentazione del primo Altair, il divertimento era finito. MITS era uno dei tanti attori nel competitivo mercato dei personal computer. Ed decise di vendere la sua azienda nel 1978 e di cambiare vita. Tornò nella sua Georgia, terminò gli studi in medicina e realizzò il suo sogno di diventare un dottore.

Ed Roberts : In tutti questi anni non ho più pensato a cosa avrei potuto fare se fossi rimasto nel mondo dei personal computer, l'unica cosa che mi ha dato veramente fastidio è stato ascoltare delle persone che si attribuivano il merito di aver fatto delle cose che noi della MITS facemmo per primi. È frustrante non vedere riconosciuto il proprio contributo e assistere alla celebrazione altrui.

Se bisogna dar merito a Roberts di aver inventato il personal computer, furono i fondatori della Apple a diventare ricchi. Quando nel 1980 Apple aveva raggiunto un'enorme popolarità e i suoi computer erano oggetti di gran moda, Jobs e Woz erano già miliardari. I nerd avevano conquistato il mondo.

Steve Jobs : A ventitre anni guadagnavo oltre un milione di dollari, più di dieci quando ne avevo ventiquattro e più di cento a venticinque... ma non era importante perchè non lo facevo per soldi.

Steve Wozniak : È nato tutto per gioco e non immaginavamo neanche di poter ottenere tutto questo. Non contavano le dimensioni dell'azienda, c'era a disposizione un piccola finestra temporale durante la quale è bastato il lavoro di una sola persona per affinare un buon progetto fino a trasformarlo nell'enorme successo che è stato l'Apple 2.

È sorprendente notare che all'inizio del 1975 nessuno possedeva un personal computer e che tutto si limitava ad un prototipo apparso sulla copertina di una rivista, tuttavia, nell'arco di cinque anni nella Silicon Valley era sorta un'industria miliardaria.

Una morbosa passione per la tecnologia da parte di pochi adolescenti aveva risvegliato il nerd che era dentro di noi. Le aziende produttrici di PC spuntavano come funghi per venire incontro all'enorme domanda. Apple era il fungo più grosso e deteneva il 50% del mercato.

Per i ragazzi di Cupertino ogni giorno era come Natale... ma c'era qualcuno che voleva rovinargli la festa. Un'azienda il cui nome era sinonimo di computer e che non avrebbe permesso a nessuno di dominare quello che considerava il suo mercato – IBM. Big Blue era pronta a muoversi e la Silicon Valley ne avrebbe presto avvertito le conseguenze.

Quando i personal computer furono inventati erano, appunto, una pura un'invenzione e non rappresentavano un business. Erano gli hobbisti che costruivano queste macchine e scrivevano software per divertimento. Quella piccola industria nascente era costituita da giovani nerd perchè chiunque avesse già un po' di esperienza nell'informatica si sentiva uno sciocco a giocare con quelle macchinette. Ma lo scenario cambiò presto e il personal computer, grazie ad aziende come Apple, divenne un prodotto di massa ed in modo stupefacente un'industria nata dal nulla arrivò a vendere 100 milioni di unità e a fatturare miliardi di dollari.

Le grandi aziende non erano interessate ai personal computer. Nei

consigli di amministrazione delle aziende americane, computer ancora significava un qualcosa che occupava una stanza e che costava almeno centomila dollari. I dirigenti ancora facevano a gara a chi aveva il mainframe più grosso. L'idea che un computer da $2000 dollari con il case in plastica potesse stare sopra una scrivania suonava davvero in modo ridicolo, almeno fino a quando quel case in plastica non ebbe stampate sopra tre lettere: IBM.

IBM era, ed è ancora, un fenomeno dell'industria americana. Da oltre 60 anni, Tom Watson e suo figlio Tom Jr., portano avanti quella che i loro dipendenti chiamano Big Blue, la più grande azienda di computer al mondo. Ma IBM aveva sempre prodotto mainframe computer per le grandi imprese, non personal computer – almeno fino a quel momento.

Affinchè il PC fosse preso seriamente e potesse fare il suo ingresso nel business che conta, i nerd della Silicon Valley avrebbero dovuto incontrare i colletti bianchi della consolidata impresa americana.
IBM non aveva mai licenziato nessuno, richiedeva solo un'eterna fedeltà all'azienda e il rispetto di regole ferree. IBM assumeva giovani che lavoravano sodo e non avevano grilli per la testa. Si occupavano con responsabilità dei giganteschi mainframe, lavoravano dalle nove alle cinque... e il sabato lavavano l'automobile.

Il quartier generale di IBM, la più grande azienda di computer al mondo, somiglia alla sede istituzionale di una piccola nazione. IBM è infatti più simile ad uno stato che a un'azienda. Ha centinaia di migliaia di cittadini, ha la sua burocrazia, la sua cultura, tutto, tranne un esercito.

Sam Albert (ex-dirigente di IBM): Ho cominciato come addetto alle vendite nel 1959 e all'epoca, confesso, anche io ho cantato questa canzoncina sulle note di Jingle Bells:
“IBM, happy men, smiling all the way, oh what fun it is to sell our products our pruducts night and day. IBM Watson men, partners of TJ. In his service to mankind – that's why we are so gay ...”

A parte gli scherzi, quando ho iniziato a lavorare in IBM c'era un codice di comportamento, erano delle semplici norme non scritte che venivano tramandate oralmente in modo informale ma che tutti rispettavano. L'abbigliamento era importantissimo, ad esempio era consentito indossare solo una camicia bianca, generalmente con il

colletto inamidato. Ricordo che ero lì da pochi giorni e un signore distinto mi bloccò all'entrata dell'edificio. Era in giacca e cravatta e indossava anche un panciotto, all'epoca di gran moda. Mi chiese: “Lei è di IBM?”, ed io risposi di si. “Si sollevi la gamba dei pantaloni, per favore”. Cosa? “Mi faccia vedere i suoi calzini!” Eh? “Mi faccia vedere i calzini le ho detto! Non vede? Non sono tirati su come si deve, ci metta un elastico” E così fui costretto ad indossare quelle specie di ridicole giarrettiere.

IBM è come la Svizzera – conservativa, un po' noisa, ma prosperosa. C'è una commissione per vagliare ogni decisione. ll limite di sicurezza è così alto che è difficile prendere una decisione sbagliata, tanto che a volte non si riesce a prendere alcuna decisione.

Rich Seidner (ex programmatore IBM): Ho trascorso venticinque anni della mia vita marciando a passo serrato in IBM. Ora mi sento meglio. Intendo dire che la vita lavorativa era così standardizzata al punto da diventare frustrante. Come cercare di mettere d'accordo quattromila persone su cosa vogliono per pranzo? Conviene usare un minimo comune denominatore: hot dog e fagioli per tutti. Così IBM adottava questo principio a tutti i livelli. Era un modello schematico e inflessibile ma era usato per mantenere alta la qualità, o almeno questo era il loro scopo e sembrava che anche ai clienti IBM le cose andassero bene così. Ma a voler ben guardare, un impiegato si sarebbe potuto assentare per mesi e nessuno se ne sarebbe accorto.

Alla fine degli anni settanta IBM aveva iniziato a prestare attenzione all'esplosiva crescita dei personal computer. E un'azienda come Apple era difficile da ignorare. Quello dei personal computer era un mercato che fino a quel punto IBM aveva snobbato, ma nel 1980 IBM decise che era giunto il momento di entrare in campo.

Jack Sams (ex dirigente IBM): Improvvisamente decine di migliaia di persone iniziarono ad acquistare macchine di quel tipo e sembravano adorarle. Anche alcuni nostri clienti avevano già acquistato dei personal computer, e in qualche reparto mi dissero che venivano usati per svolgere dei lavori in modo molto più pratico rispetto ai nostri mainframe, o ancora peggio, che i nostri mainframe non erano in grado di fare.

Le persone che per prime avevano adottato i PC si comportavano come dei fanatici religiosi. Il fatto era che nella loro testa IBM aveva perso la leadership e bisognava riconquistarli al più presto.

Negli affari, così come nella commedia, il tempismo è fondamentale. E il tempo per un PC IBM stava quasi per scadere. Nell'Agosto 1979 i vertici di IBM si riunirono per mettere a fuoco la strategia da seguire. Tutti erano pieni di dubbi ma aspettare un altro anno significava far crescere ancora l'industria dei personal computer fino a farla diventare troppo grossa per la stessa IBM che avrebbe rischiato così di essere tagliata fuori dal quel nuovo mercato. Il presidente Frank Carey implorò i dirigenti di trovare una soluzione. Bill Lowe raccolse la sfida ed avviò un piccolo laboratorio a Boca Raton in Florida

Bill Lowe (Capo del team di sviluppo del PC IBM nel 1980): Dissi a Carey che una mezza idea su come procedere noi ce l'avevamo e che con il mio team saremmo stati in grado di sviluppare un nostro prodotto. Ma all'inizio non sembrava affatto d'accordo: in IBM si impiegano quattro anni e trecento persone per fare qualsiasi cosa, è una specie di tradizione, un fatto naturale. Signore, gli dissi, possiamo farcela in un anno. A quel punto Carey interruppe bruscamente la riunione: “Ti sei messo in gioco, Lowe. Torna fra due settimane e dimmi di cosa hai bisogno.”

Un prodotto IBM in un anno! Ridicolo! Tuttavia Bill aveva un piano: per risparmiare tempo, invece di progettare un computer partendo da zero, avrebbero potuto comprare dei componenti comunemente reperibili e assemblarli – ciò che nel linguaggio di IBM fu chiamato “architettura aperta”. IBM non aveva mai fatto una cosa del genere. Due settimane dopo Bill propose la sua eresia al grande capo.

Bill Lowe : Francamente è andata così. La decisione chiave fu abbracciare un'architettura aperta, nessuna tecnologia IBM, nessun software IBM, nessuna rete vendita IBM, nessun servizio IBM. Impiegammo più della metà della presentazione per far digerire questo concetto al consiglio di amministrazione. Perchè era un concetto del tutto nuovo per IBM e un po' difficile da far passare. Ma alla fine anche Carey si convinse e la sua approvazione significava che potevamo andare avanti con il nostro progetto.

Con l'appoggio del presidente, Bill e il suo team si preparavano a infrangere tutte le regole di IBM e a mettere a segno un record. Una volta che IBM decise di realizzare un personal computer e di realizzarlo in un anno, non avevano il tempo materiale di progettare alcunchè, potevano solo metterne insieme i pezzi, ed è quello che fecero. C'era bisogno di un microprocessore, un monitor, una tastiera... Ok, ma un PC non è fatto di solo hardware, è un oggetto completamente inutile se non gli si dice cosa fare. Serviva anche il software. Ogni PC richiede almeno due fondamentali tipi di software: un linguaggio di programmazione e un sistema operativo. Così la disputa ebbe inizio. A chi poteva rivolgersi IBM per acquistare il software? I due più accreditati contendenti erano il trentanovenne Gay Kildall, laureato in informatica e il ventiquattrenne fuggito da Harvard, Bill Gates.

Quando nel 1980 IBM contattò Bill Gates, la sua piccola compagnia, Microsoft, era il più grande fornitore di linguaggi di programmazione nella neonata industria dei personal computer. Per quanto riguarda il sitema operativo, IBM riteneva che l'uomo giusto a cui fare una visita fosse Gary Kildall. Egli aveva fondato una compagnia che con modestia aveva chiamato Interglactic Digital Research. Gary aveva inventato il CP/M, il primo sistema operativo per personal computer e ne aveva già vendute 600.000 copie, per questo era considerato un vero pezzo grosso del settore.

Gary Kildall (fondatore della Digital Research, in un'intervista del 1983): Nei primi anni ‘70 io stesso avevo bisogno di un sistema operativo e il fatto di scriverlo e venderlo ad altri utenti che avevano le mie stesse esigenze avvenne in modo naturale.

Gordon Eubanks : Gary era convinto che Bill Gates avesse continuato a vendere linguaggi di programmazione e che lui potesse continuare a detenere il monopolio dei sistemi operativi e onestamente credeva che questa situazione non sarebbe mai cambiata.

Ma c'era un fattore che avrebbe cambiato i rapporti di potere in quella giovane industria, ed era il carattere tanto diverso dei due protagonisti.

Jim Warren (Fondatore del West Coast Computer Faire): Conoscevo Gary dai tempi della scuola a Monterrey, quando era assistente del professore e io ero un semplice studente. Rimpiango i tempi in cui fumavo con lui nella sua sauna e ce la spassavamo chiaccherando di cose da nerd. Si divertiva a provare qualsiasi congegno, giocava con ogni dispositivo, proprio come Woz, e come me. Woz ed io lo facciamo tuttora.

Gordon Eubanks : Kildall non si era mai interessato realmente al modo di condurre gli affari. Lavorava ai suoi progetti, quelle erano le cose che gli interessavano.

Jim Warren : Non si precipitò a brevettare il CP/M, a mettere il diritto d'autore su ogni riga di codice che scriveva, neanche gli passava per la testa l'idea di spremere i suoi prodotti fino all'ultimo dollaro.

Gordon Eubanks : Gary non aveva l'indole del combattente, Gary evitata i conflitti e odiava litigare. Mentre non penso che qualcuno possa dire che Bill Gates fosse il tipo che si tirasse indietro da una competizione.

Nessuno sostiene che un futuro miliardario debba essere per forza uno stinco di santo. Bill Gates ha saputo farsi strada partendo dal nulla. Cresciuto in una benestante famiglia di Seattle, sua madre era una casalinga che faceva volontariato, suo padre era un avvocato di successo. Ma anche nel benessere e l'agiatezza di una perfetta famiglia americana, da sempre covava in lui uno spirito competitivo.

Vern Raburn (Presidente del gruppo di Paul Allen): Eravamo bambini e una volta mi capitò di trascorrere con lui un week-end nella casa di sua nonna fuori città. Ogni cosa era trasformata in un gioco, se passavi lì due giorni facevi inevitabilmente parte di quella competizione e non faceva differenza se si trattava di giocare a carte, a palla, o di nuotare nella piscina. E c'era sempre un premio per chi vinceva e una penitenza per il perdente.

Christine Comaford (CEO Corporate Computing Intl.): Voglio raccontare un episodio divertente. Tanto tempo fa capitai a casa di Bill e lui volle mostrarmi un puzzle che aveva completato. Mi fece notare

che sulla scatola c'era scritto che se riuscivi a finirlo in meno di sette minuti eri un genio e poi mi disse orgogliosamente di avercene impiegati quattro. “Se non ci credi te lo dimostro!”
“No, no, ti credo Bill. Non c'è bisogno che lo smonti e lo rifai per me!” Bill era così.

Jean Richardson (ex vicepresidente Microsoft): Bill Gates si concentrava a tal punto su una cosa da trascurare tutto il resto. Se era impegnato, non si lavava e non si cambiava i vestiti.
Eravamo a New York per una dimostrazione, ma la sera prima dell'evento il nostro software andò in crash, Bill lavorò tutta la notte insieme ad alcuni ingegneri per risolvere il problema. Dopodichè non si preoccupò minimamente di trovare dieci minuti di tempo per farsi una doccia, probabilmente perchè non la riteneva una cosa importante, ma vi posso garantire che quel giorno avrebbe avuto seriamente bisogno di una doccia.

La scena è ambientata in California... un rilassato Gary Kildall produce il CP/M, il sistema operativo più venduto per i personal computer. A Seattle, Bill Gates oltre a produrre il BASIC, il linguaggio di programmazione più venduto per i personal computer, è sempre pronto a cogliere nuove occasioni.

IBM deve scegliere a quale di queste due persone rivolgersi per il software del suo nuovo personal computer. Uno avrebbe vinto il jackpot, l'altro sarebbe caduto nel dimenticatoio... un passaggio chiave nella storia del personal computer. E tutto cominciò con una telefonata all'ufficio nell'ottavo piano dell'edificio in cui Microsoft aveva il suo quartier generale nel 1980...

Jack Sams : Era circa mezzogiorno quando quel lunedì chiamai Bill Gates, gli dissi che avrei voluto incontrarlo per parlare dei suoi prodotti.

Steve Ballmer (Vicepresidente Microsoft): Bill chiese se gli andava bene la settimana prossima ma loro dissero che erano ad una sola ora di aereo e che avrebbero preferito essere lì domani. Bene, alleluia.

Steve Ballmer era il compagno di stanza di Gates ad Harvard. Era appena entrato a far parte di Microsoft quando l'azienda aveva

fatturato il suo terzo miliardo di dollari. A quel tempo era l'unica persona in azienda ad avere una certa preparazione in economia. Ballmer e Gates capirono immediatamente l'importanza di quella visita di IBM.

Bill Gates : IBM era da sempre conosciuta come il vero colosso dell'informatica. C'era all'epoca un grande fermento attorno ai computer e le discussioni vertevano sul fatto che le grandi aziende sembravano non accorgersi delle potenzialità dei personal computer e che prima o poi ne avrebbero potuto pagare le conseguenze. Ma ora la più grande azienda di computer stava per farci visita e sembrava avere tutta l'intenzione di fare affari con noi, o almeno questo lasciavano credere le persone che ci avevano contattato, e questa era una cosa sorprendente.

Steve Ballmer : E Bill mi disse: “Steve è meglio che anche tua sia presente alla riunione, sei l'unica altra persona qui che può indossare un bel vestito per l'occasione”. Così ci preparammo per bene.

Jack Sams : Arrivammo verso le due del pomeriggio e stavamo aspettando lì davanti quando uscì un giovanotto che ci fece strada verso l'ufficio di Mr. Gates. Pensai fosse un fattorino, inceve era Bill in persona. Apparve subito piuttosto deciso, quando mettemmo sul tavolo l'accordo di riservatezza – la lettera che diceva che lui non avrebbe potuto rivelare a nessuno che noi eravamo stati lì, che non era in possesso di alcuna infomazione riservata e così via – la firmò immediatamente senza batter ciglio.

Bill Gates : Con IBM le cose non erano semplici. Ti facevano prima firmare tutti quei ridicoli accordi per tutelarsi, ma loro potevano fare tutto ciò che volevano e si sentivano autorizzati a carpire ogni informazione ed usare i nostri segreti. Ma ci voleva un po' di fiducia ed eravamo disposti a correre qualche rischio.

Jack Sams stava cercando di ottenere da Microsoft un pacchetto contenente sia il linguaggio di programmazione BASIC che un sistema operativo. Ma evidentemente IBM non aveva studiato bene la situazione.

Steve Ballmer : Loro pensavano che noi avessimo un sistema

operativo da vendergli. Solo perchè fra i nostri prodotti c'era una scheda di espansione che aveva installato sopra il CP/M, loro pensavano che avremmo potuto darglielo in licenza per il personal computer che avevano in cantiere. Ma noi gli dimmo “No, ci dispiace, siete fuori strada, noi non facciamo sistemi operativi”.

Jack Sams : Quando scoprimmo che la Microsoft non aveva i diritti per fare quello che volevamo, Bill ci disse che infondo non era un problema, bastava rivolgersi a Gary. Così io gli dissi: “Bene, non c'è tempo da perdere, chiama Gary”.

Steve Ballmer : E così, con gli emissari IBM presenti in stanza, Bill chiamò immediatamente Gary Kildall alla Digital Research e gli disse: “Gary, ti sto per passare alcune persone, trattale bene, è gente importante”.

Gli uomini di IBM arrivarono in California, nella casa vittoriana a Pacific Grove, sede della Digital Research, guidata da Gary e Dorothy Kildall. È facile immaginare cosa significa ricevere una visita di IBM, è come se la Regina d'Inghilterra venisse a prendere un the, è come se il Papa venisse a chiedere consiglio, è come se Dio scendesse in terra. E Gary e Dorothy come si comportarono?

Jack Sams : Probabilmente Gary aveva qualche altro impegno così disse a Dorothy di ricevere noi tre.

Gordon Eubanks (ex dirigente Digital Research): IBM presentò subito il suo documento con gli accordi di riservatezza e Dorothy prese una decisione che in retrospettiva è troppo facile definire sciocca.

Jack Sams : Mostrammo la nostra solita lettera in cui si diceva di non rivelare a nessuno che eravamo stati lì e che non condividevamo informazioni riservate. Lei la lesse ma disse di non poterla firmare.

Gordon Eubanks : Dorothy non fece altro che il proprio lavoro e chiamò l'avvocato per fargli leggere quel documento. L'avvocato, Gerry Davis, che ancora esercita la professione a Monterey, rigettò al mittente quel patto di riservatezza. Fu una cosa inaccettabile per IBM, loro non erano abituati ad aspettare. E la situazione era diventata spiacevole, nella piccola casa vittoriana sovraffollata di persone, era

un vero caos.

Jack Sams : Trascorremmo così l'intero giorno a Pacific Grove discutendo fra di noi, con i nostri legali, il suo avvocato e tutti gli altri che erano presenti in quella casa, se la signora Dorothy Kildall potesse o non potesse parlare con noi, e alla fine ce ne andammo.

Questo è stato il momento cruciale in cui la Digital Research ha perso la partita. IBM, piuttosto risentita dalla loro accoglienza, tornò indietro da Microsoft.

Steve Ballmer : Penso che la Digital Research fece un grande sbaglio e questo è dimostrato dai fatti. Noi gli mandammo IBM e loro non furono in grado di concludere l'affare.

Bill Gates non è tipo da concedere ad un rivale una seconda opportunità e intravedeva l'opportunità della vita.

Bill Gates : Digital Research non aveva afferrato un concetto che a noi sembrava evidente, se qualcuno non avesse fornito un sistema operativo l'intero progetto di IBM sarebbe naufragato.

Steve Ballmer : Noi fummo un po' travolti dagli eventi ma avevamo un primo obiettivo ben chiaro: non potevamo permetterci di perdere il business dei linguaggi di programmazione e di conseguenza non potevamo permetterci che IBM si tirasse indietro. Qualcosa di grosso stava per accadere nella storia dei PC.

Bill Gates : Eravamo in un limbo perchè gli avevamo già venduto non solo il Basic, ma anche il Fortran, il Cobol... in pratica IBM ci aveva commissionato tutti i prodotti che avevamo in catalogo e per realizzarli appositamente per loro avevamo a disposizione un intervallo di tempo molto breve.

Ma c'era un problema. IBM aveva bisogno al più presto di un sistema operativo e Microsoft non ce l'aveva e non aveva idea di come svilupparlo. Ma ebbero un colpo di fortuna, un ingrediente indispensabile per diventare miliardari. Incredibilmente, la soluzione era appena dall'altra parte della città. Paul Alllen, socio di Gates dai tempi della scuola, aveva trovato un altro sistema operativo.

Paul Allen : C'era una compagnia locale chiamata Computer Products in cui lavorava Tim Patterson, un programmatore che aveva realizzato un rudimentale sistema operativo molto simile al CP/M.

Steve Ballmer : Significava che IBM non doveva rinunciare all'idea di produrre un suo PC. Bastava che noi mettessimo le mani sul sistema operativo di quella piccola compagnia. Un po' di modifiche, qualche ottimizzazione e il gioco era fatto.

Il sitema operativo di Tim Patterson, che di fatto consentì che l'affare con IBM andasse in porto, non era niente altro che un adattamento del CP/M di Gary Kildall.

Tim Patterson (Programmatore): Mi procurai un manuale del CP/M, mi pare nel 1976, lo acquistai per cinque dollari in un negozio di computer. Usai quel manuale come base per programmare le interfacce di comunicazione, le API per il mio sistema operativo. Cominciai a lavorarci in Aprile, dedicando al progetto delle mezze giornate, cercando di mettere insieme le idee che provenivano da più parti e nel giro di quattro mesi avevo la mia prima versione funzionante.

Tim Patterson chiamò il suo sistema operativo QDOS (quick and dirty operating system). Microsoft e IBM lo chiamarono PC DOS 1.0, ma con qualsiasi nome lo si volesse battezzare, appariva sempre tremendamente simile al CP/M. Fra due PC, uno equipaggiato con il PC DOS e l'atro con il CP/M 86, è francamente molto difficile trovare delle differenze. La struttura dei comandi è praticamente identica, così come la gestione dei file e delle directory. L'unica differenza che appare evidente all'utilizzatore comune è che il lettore floppy è etichettato con la lettera A nel PC DOS, mentre è indicato con C nel CP/M.

Alcune piccole differenze, tuttavia un sistema operativo generò miliardi di profitti e l'altro scomparve. Come succede di solito negli affari, e in particolare nell'industria dei PC, non fu premiato l'inventore ma chi sfruttò l'invenzione. In questo caso non fu nè Gary Kildall nè Tim Patterson.
C'era ancora un problema. Tim Patterson lavorava per la Seattle

Computer Products. Questa società ancora deteneva i diritti del QDOS – diritti che Microsoft doveva assolutamente possedere.

Vern Raburn (ex vicepresidente di Microsoft): Contattammo la SCP dicendogli che eravamo interessati a quel loro prodotto. Come tutte le piccole aziende loro avevano bisogno di liquidità ed aprimmo la trattativa.

Paul Allen : E così ci accordammo: gli avremmo pagato $50.000 per il loro sistema operativo e ne avremmo acquisito i diritti per qualsiasi uso. Cinquantamila dollari per farne un qualsiasi uso!

Serve una pausa per assaporare il momento storico.

Questo può essere considerato l'affare del secolo, se non del millennio, di sicuro l'affare che ha reso Bill Gates e Paul Allen multimiliardari e ha permesso a Paul Allen di levarsi piccoli sfizi come la sua squadra di basket in NBA. Microsoft sborsò in totale cinquantamila dollari per comprare il sistema operativo di cui aveva bisogno e lo concesse in licenza al resto del mondo per cinquanta dollari a PC. Se consideriamo che in breve tempo i personal computer con MS DOS superarono i cento milioni, è facile immaginare l'enorme flusso di denaro che si riversò nelle casse di Microsoft.

Niente male per una società guidata da un venticinquenne.

In tutti gli USA non ci sono due luoghi così lontani come lo stato di Washington, dove ha sede la Microsoft, e il sud-est della Florida, dove fu sviluppato il PC IBM. È proprio a Boca Raton in Florida, dove i nerd di Seattle unirono le forze con i colletti bianchi dell'industria e, grazie ad un'intensa collaborazione che si protrasse per un anno, ottennero un fantastico successo.
L'Agosto 1981, la data entro la quale IBM avrebbe lanciato il suo gioiello, si stava avvicinando e tutta l'industria dei PC stava col fiato sospeso.

Dan Bricklin : Avevamo aspettato invano di ricevere qualche informazione da quelli giù in Florida. Fino al momento in cui IBM presentò ufficialmente il suo PC, noi non sapevamo ancora niente.

Chiunque scrivesse software come Dan Bricklin, il creatore del primo

foglio elettronico VisiCalc, aspettava ansiosamente una telefonata prima del grande annuncio. IBM aveva dato un nome in codice, “The Floridian Project”, al suo progetto segreto. Tutti quelli che lavoravano nell'ndustria del PC sapevano che IBM avrebbe cambiato il loro mondo per sempre, e sapevano anche che se il loro software fosse stato incluso nel PC IBM, avrebbero fatto fortuna.

Dan Bricklin : È da notare che nessun tipo di informazione fu divulgata prima della presentazione ufficiale. Dicono sia il protocollo, va bene, ma i diretti interessati potevano anche essere avvisati.

Con il suo annuncio IBM apre una nuova era: “Dopo aver pensato in grande per anni, oggi IBM esordisce con qualcosa di “piccolo”. Big Blue vuole una fetta del mercato di Apple. Bit e Byte non significano niente, bisogna provare questo nuovo prodotto. Vogliamo vendere un computer da $1000 a milioni di clienti. Questo è il futuro. Oggi il computer di IBM è diventato personal...”

Nessuno si era mai pentito di aver comprato un prodotto IBM. Ora tutte le aziende, dal Wisconsin fino a Wall Street, potevano mettere sulle loro scrivanie un PC con un nome in cui credevano.

Sparky Sparks (ex dirigente IBM): Il messaggio di IBM era chiaro: era ormai giunto il momento per tutte le aziende americane di comprare ed iniziare ad usare i PC. E se questo valeva per le aziende, anche le più conservative, a maggior ragione significava che tutti potevano usare convenientemente un PC.

Anche se l'aspettativa era enorme, il PC IBM non è che fosse così rivoluzionario, anzi. È stato principalmente il nome IBM a generare una forte demanda, ma c'era bisogno di una killer application per sostenere le vendite.

Ancora una volta la killer application per il PC IBM fu un foglio di calcolo. Basato su VisiCalc, ma chiamato Lotus 1-2-3, i suoi creatori furono tra i primi ad arricchirsi sulle ali del successo di IBM. Nel giro di un anno Lotus generò 150 milion di dollari di profitti.
Fino al 1984, in soli tre anni, IBM vendette due milioni di computer, di cui mezzo milione all'estero.

Jack Sams : Eravamo euforici, non c'è altra parola per descrivere

come ci sentivamo. E le vendite continuavano ad aumentare esponenzialmente.

E cosa significava tutto questo per Bill Gates, il cui sistema operativo, MS DOS, era il cuore di ogni PC IBM venduto? Inizialmente non molto, fatti salvi gli accordi presi con IBM. Ma in prospettiva forniva una formidabile testa di ponte per altri produttori di personal computer che alla lunga avrebbero rappresentato un problema per la stessa Big Blue.

Bill Gates : La chiave dell'accordo con IBM fu che loro non avevano il controllo sui nostri prodotti e noi potevamo darli in licenza a chiunque altro ce ne facesse richiesta. L'industria dei computer mainframe ci aveva già fornito un grande insegnamento, alcuni produttori costruivano dei computer compatibili, i così detti cloni, che si erano guadagnati una consistente porzione di mercato. Noi speravamo che il fenomeno si ripetesse anche nell'industria dei personal computer e considerammo questo aspetto quando stipulammo l'accordo con IBM. Loro ci pagarono una cifra fissa, circa $80.000, più il compenso per qualche altro lavoro che ci commissionarano, ma oltre a questo noi non percepivamo da IBM alcuna royalty, nè per il DOS, nè per il BASIC.

Era facile immaginare che Intel avrebbe continuato a vendere i suoi microprocessori a moltissime aziende, non solo ad IBM. Ben presto altri produttori di personal computer basati sullo stesso hardware ci chiesero in licenza il sistema operativo.

IBM aveva ridefinito il concetto di PC e la sua quota di mercato era superiore al 50%. C'erano molti altri personal computer paragonabili al PC IBM, o almeno che gli somigliavano abbastanza. Ma quello che utenti volevano era un PC IBM. Così, per avere successo, le altre aziende avrebbero dovuto produrre un computer esattamente uguale a quello IBM. Avrebbero dovuto copiare il PC IBM, clonarlo...

Come è stato possibile fare questa cosa legalmente, senza violare i diritti d'autore? Benvenuti nel mondo del reverse engineering. Questo è un processo che consiste nell'analizzare in dettaglio un dispositivo (o un software) con lo scopo di costruire un nuovo dispositivo o programma che ne replichi esattamente il funzionamento senza in

realtà copiare niente dall'originale. La prima compagnia che applicò con successo questa tecnica fu la Compaq , fondata da Rod Canion, e che negli anni seguenti avrebbe rivaleggiato testa a testa con IBM.

Nel 1982, Rod e altri tre ingegneri della Texas Instruments avevano iniziato ad abbozzare il progetto di un computer mentre pranzavano in un ristorante di Houston. Decisero di realizzare e commercializzare una versione portatile del PC IBM usando la curiosa tecnica del reverse engineering. In realtà il computer di IBM non era così difficile da clonare. Il microprocessore Intel e numerosi altri componenti erano prodotti da scaffale facilmente reperibili.

L'unico chip proprietario, ma di vitale importanza, era il ROM-BIOS che permetteva all'hardware di comunicare col software. Questo componente era stato progettato da IBM, era protetto da copyright e da un esercito di avvocati di Big Blue. Compaq doveva copiare questo chip senza infrangere la legge.

Rod Canion (Co-fondatore di Compaq): Prima di tutto era necessario capire esattamente come lavorava la ROM. Dovevamo metterci a sedere e studiare, attraverso esperimenti, prove ed errori dovevamo scrivere le specifiche di cui il ROM-BIOS aveva bisogno per funzionare. Non potevamo permetterci di avvicinarci il più possibile a quelle istruzioni, dovevano essere esattamente quelle, così fu necesaria una lunga e dattagliata fase di test.

Dopo che hai capito nel dettaglio come si comporta un chip, hai stilato una lista delle operazioni che svolge e delle specifiche richieste, e ne vuoi costruirne un altro che ne replichi il funzionamento, allora è tempo di rivolgersi ad un avvocato.

Claude Stern (Avvocato legale della Silicon Valley): In questi casi bisogna operare in modo preciso. Se tu hai esaminato il ROM-BIOS e scritto un manuale con tutte le specifiche, a questo punto puoi considerare il tuo compito esaurito e farti da parte. Ormai ti sei sporcato le mani, sei contaminato. Hai visto il prodotto nella sua forma originale, hai visto come lavora, sai perfettamente a cosa serve, così da questo punto in poi bisogna lavorare con gente che non è influenzata da tutto ciò. Bisogna affidarsi a delle persone per così

dire vergini che cureranno il progetto da una stanza asettica. Il lavoro sarà svolto da un gruppo di ingegneri che non hanno mai visto un ROM BIOS di IBM, che ignorano cos'è e come funziona, che non sanno niente di niente al riguardo.

Certo, non è facile trovare degli ingegneri vergini nella Silicon Valley e tenerli isolati dal mondo esterno mentre lavorono alla progettazione di un nuovo chip basandosi unicamente sulle specifiche fornite. Ma questo è esattamente quello che fece la Compaq. Il processo di reverse engineering tenne impegnati per diversi mesi un team di esperti programmatori e costò circa un milione di dollari. A Novembre del 1982, Rod Canion svelò il risultato di quel lavoro.

Bill Murto (Co-fondatore di Compaq): Presentammo il computer portatile Compaq. Era il primo prodotto compatibile al 100% con IBM e questo significava che tutto il software scritto per il PC IBM poteva essere caricato e funzionare esattamente allo stesso modo. Iniziammo a farci un po' di pubblicità sulle tv via cavo.

E proprio grazie al fatto di fare esattamente le stesse cose di un IBM ma di essere un po' più economici, i pc Compaq ottennero un immediato successo e già nel primo hanno ne furono vendute 47.000 unità.

Rod Canion : Nel nostro primo anno incassammo qualcosa come 111 milioni di dollari, penso sia un record per tutte le imprese americane, forse un record mondiale.

Così Rod Canion potè permettersi di acquistare la sua umile dimora ad Aspen, che oltre alla stazione sciistica è una località famosa per il valore commerciale degli immobili più alto d'America, e iniziò a pensare a quale modello di jet personale avrebbe dovuto acquistare. Povera Big Blue! Improvvisamente tutti avevano iniziato a sfruttare il suo successo. All'inizio, fra gli scontati vincitori ci fu sicuramente Intel: i suoi microprocessori, sempre più veloci ed economici, andavano a ruba perchè c'era una forte domanda dalle aziende produttrici di pc cloni.

Inaudito! Di che razza di industria IBM era entrata a far parte? Jim Cannavino (ex responsabile della divisione PC di IBM): Tutto

diventava meno costoso di anno in anno. Generalmente le persone non sono abituate a questa cosa. Intendo dire, quando decidi di acquistare una nuova automobile, l'automobile che compri oggi costa di più di quanto avevi pagato quella vecchia quattro anni fa. Qui sta il bello di quest'industria: un pc acquistato un anno dopo costa meno e fa di più. Che cosa meravigliosa! Ma osservato dal punto di vista di un'azienda, non è così divertente. In un'industria in cui i prezzi sono in continua discesa devi sbrigarti a vendere, più aspetti, meno guadagni. Devi vendere al prezzo giusto al momento giusto, se i tuoi prodotti diventano obsoleti e non hanno più mercato, l'azienda subirà un danno ancora maggiore.

Con Compaq che guidava la fila, altri presto si accodarono. IBM si trovò a fronteggiare da sola decine di aziende concorrenti. Iniziarono ad affacciarsi nomi che sarebbero diventati familiari come AST, Northgate e Dell.
Era diventato spettacolarmente facile produrre un clone. Chiunque poteva comprarsi tutti i componenti necessari, incluso un chip ROM BIOS vergine, e l'assemblaggio era alla portata di un utente mediamente esperto che addirittura poteva costruirsi da solo il proprio personal computer impiegando non più di un'oretta.

Rod Canion : Era relativamente facile vendere una gran quantità di prodotti. Il difficile era generare utili.
IBM aveva un basso costo di produzione ma essendo un'azienda molto grande aveva anche molte spese.

Per vendere i nostri computer Compaq ad un prezzo competitivo dovevamo contenere al massimo le spese e, anche con un margine basso rispetto al costo di produzione, riuscivamo a generare profitti.

E ogni azienda che sfornava computer cloni a chi si rivolgeva per il sistema operativo? A Microsoft, naturalmente.
E Microsoft era liberissima di darglielo in licenza, secondo gli accordi che la stessa IBM aveva firmato.
I primi anni ‘80 portarono alla ribalta Bill Gates, il sogno del giovane imprenditore di vedere un PC con software Microsoft su ogni scrivania e in ogni casa, stava per diventare realtà.

Gates era diventato un colosso dell'industria ma nello stesso tempo si

sentiva ancora un bravo programmatore, oltre che un imprenditore di successo. Microsoft era cresciuta enormemente e non poteva avere il diretto controllo sull'attività di migliaia di dipendenti, così cercò di infondere una nuova filosofia all'interno della sua azienda. Voleva trovare il modo di soddisfare contemporaneamente il suo istinto dominatore da adolescente e le sue aspirazioni da adulto. L'impiegato tipo in Microsoft è un venticinquenne maschio. Quando non lavora sta comunque lavorando. Tutti i suoi amici sono anch'essi programmatori Microsoft. Egli non ha una vita al di fuori del suo ufficio, ma lì ha tutte le bevande gratis. Fin dall'inizio Microsoft reclutava i suoi dipendenti direttamente dal college, preferiva scegliere persone che non avessero avuto precedenti esperienze lavorative in altre aziende. Col tempo, questi giovanotti si sarebbero guadagnati il nome di Microserfs .

Charles Simonyi (capo programmatore, Microsoft): Era facile creare una nuova cultura aziendale con gente appena uscita di scuola. Tutto il sistema poteva essere fatto funzionare come una macchina, era prevedibile e governabile, poteva essere misurato e ottimizzato.

Christine Comaford : Come quelli che vivono insieme, mangiano insieme, quando vanno a guardare un film insieme è già molto, e invecchiano reciprocamente, trascorrendo la loro vita come se facessero parte di una setta...

Steve Ballmer : L'ambiente non doveva essere formale e gerarchico, l'importante era che lavorassero al massimo delle loro capacità, perchè era quello che amavano fare e volevano farlo bene. E questo rifletteva la personalità di Bill.

Jean Richardson : E così molti dipendenti Microsoft, per la maggior parte giovani appena usciti da scuola, vedevano il Bill Gates un modello da seguire, un leader, un guru. Trascorrevano delle ore con lui, Bill valutava i loro contributi e sembrava esistere un meraviglioso cameratismo fra loro. C'era un vero culto del leader e la forza di Bill stava proprio nel suo evidente desiderio di voler essere sempre il migliore e di vincere.

Nella seconda metà dei frenetici anni ‘80, IBM si trovò di fronte ad un

bivio. Aveva creato un personal computer con un'architettura aperta che chiunque poteva copiare, nella convinzione, sbagliata, di poter comunque mantenere la leadership del marcato grazie al suo blasone. Ma tutto si traformò in un incubo per IBM quando i cloni la scalzarono dalla sua posizione dominante. Così Big Blue cercò di riaprire la partita grazie ad una nuova generazione di pc con hardware proprietario ad architettura chiusa e con un nuovo sistema operativo sviluppato in casa. La guerra era cominciata.

IBM voleva far concorrenza a Gates con un sistema operativo tutto nuovo chiamato, rullo di tamburi, OS/2.
Lo avrebbe progettato la stessa IBM, tuttavia chiese a Microsoft di scrivere il codice. E perchè mai Microsoft avrebbe dovuto aiutare IBM a creare quel prodotto che avrebbe potuto portare alla sua rovina? Perchè Microsoft sapeva che IBM era la fonte del suo successo e pur di rimanere legata a Big Blue avrebbe tollerato qualsiasi cosa.

Steve Ballmer : Come si suol dire, dovevamo cavalcare l'orso. Lui voleva buttarci giù ma noi eravamo intenzionati a rimanergli in groppa, perchè quell'orso era il più grosso e il più forte di tutta l'industria dei personal computer.

Bill Gates : Ci si dimentica un po' troppo in fretta dell'influenza pervasiva che aveva IBM in questa industria.
I nuovi arrivati che operano nel mercato dei personal computer da poco tempo sembra che lo ignorino completamente ma all'epoca lo scenario era quello.

Il rapporto fra IBM e Microsoft è sempre stato caratterizzato da uno scontro culturale. IBM era un'organizzazione di persone abbottonate. Quelli di Microsoft erano giovani hacker ossessionati. Durante lo sviluppo di OS/2 la loro natura tanto diversa iniziò a manifestarsi.

Steve Ballmer : In IBM hanno una strano credo: misurano le cose in K-LOC (kilo line of code), cioè in migliaia di righe di codice. Quanto è grande questo progetto? Oh, circa diecimila righe. Questo è più grosso, è da ventimila righe. E questo cinquantamila. E IBM voleva applicare questo metro anche per pagare il nostro lavoro. Secondo loro, il nostro compenso doveva essere proporzionale alle righe di codice necessarie per scrivere OS/2. Così provammo a farli ragionare:

“Scusate, ma se un bravo sviluppatore ha una buona idea e riesce a condensare in quattromila righe di codice un qualcosa che prima ne richiedeva ventimila, secondo voi dovrebbe essere pagato di meno? Perchè ha la colpa di aver creato un software più piccolo e veloce, con meno righe di codice? Questa sarebbe la metodologia?”

Jim Cannavino : Se torniamo al 1989, ricordo un enorme quantità di risorse dedicate ad OS/2, sia da parte di Microsoft che di IBM. Con Bill Gates ci incontrammo parecchie volte e abbastanza in fretta giungemmo alla conclusione che molto difficilmente tutti quegli sforzi si sarebbero tradotti in un successo a causa delle continue negoziazioni in atto. Più la cosa si trascinava avanti, maggiore sembrava il controllo della situazione e il potere contrattuale da parte di Microsoft.

Non era più una questione di stile, era diventato un vero e proprio conflitto di interessi. OS/2 era stato pensato per tagliare le gambe al mercato dei cloni, proprio quel mercato che generava i maggiori profitti per Microsoft con la vendita del DOS. Microsoft era il DOS. Eppure stava partecipando allo sviluppo di un prodotto concorrente. In molti pensavano che non fosse la cosa giusta da fare, ma Gates aveva un asso nella manica.

Per mantenere il DOS competitivo aveva iniziato a sviluppare un nuovo software chiamato “Windows” per dare un aspetto più fresco e user-friendly al noioso vecchio DOS. Venderlo sarebbe stato un altro compito per il timido e riservato Steve Ballmer. E se Bill Gates vedeva OS/2 come una minaccia, IBM considerava Windows come l'ennesimo tentativo da parte di Microsoft di mantenere il controllo sul business dei sistemi operativi.

Bill Gates : Noi sviluppammo Windows in parallelo. Noi continuavamo a dire ad IBM che era Windows la strada da seguire, che l'interfaccia grafica era il futuro. C'era questa divergenza ma pensavamo di riuscire a far cambiare idea a IBM.

Jim Cannavino : Era chiaro che IBM avesse un modo differente di considerare la propria relazione con Microsoft, rispetto a quanto facesse Microsoft con IBM. Di certo, tutta la colpa non può essere attribuita a Microsoft. Quello che risultò evidente fu una mancanza di

strategia e un po' di miopia nel condurre l'intera faccenda da parte di IBM.

Bill Gates è una persona molto disciplinata. Mette da parte qualsiasi cosa che consideri interessante da leggere e un paio di volte l'anno si concede una settimana di isolamento per dedicarsi alla lettura. Fu durante uno di questi periodi che vennero decise le sorti del complicato rapporto fra Microsoft e IBM. Dopo aver riflettuto a lungo davanti al caminetto, Bill concluse che non c'era più motivo di seguire ciecamente IBM. Egli stesso di fronte alla scelta fra OS/2 e Windows, avrebbe scelto Windows.

Steve Ballmer : Sapevamo che IBM non avrebbe preso bene la nostra decisione.

Bill Gates : Non volevamo interrompere del tutto la nostra collaborazione con IBM, sapevamo che comunque si sarebbe convenuto per promuovere il nostro software. Fu solo quando tagliarono definitivamente ogni comunicazione per proseguire sulla loro strada, che ci venne un po' di paura e capimmo che ormai dovevamo farcela da soli.

Steve Ballmer : All'inizio del 1990, prima del lancio di Windows, eravamo nel pieno della trattativa. Avremmo voluto IBM al nostro fianco durante la presentazione ufficiale di Windows 3.0 ma alla fine non ci accordammo perchè IBM non accettò la nostra condizione di mantenere i diritti esclusivi sul quel sistema operativo. Da quel momento le strade si separarono.

Jack Sams che, con una telefonata a Bill Gates nel 1980, aveva dato inizio alla collaborazione fra IBM e Microsoft, potè solo assistere al disintegrarsi di quell'alleanza.

Jack Sams : A quel tempo non era chiaro quale sarebbe stato il futuro di OS/2 e Windows. In IBM c'era la convinzione di andare avanti con lo sviluppo di OS/2 e di non supportare Windows. Per quanto riguarda me, ormai ero fuori dai giochi e sfruttai l'opportunità di un prepensionamento.

Quando la collaborazione fra IBM e Microsoft si interruppe, anche IBM

si trovò da sola a competere sul mercato dei personal computer. Davide aveva sconfitto Golia? Gli insediamenti di Boca Raton, in Florida, il luogo dove il PC IBM era stato sviluppato, erano ormai deserti, e anche questo riflette la flessione che aveva subito IBM sul mercato.

IBM era semplicemente tornata quella che era prima: una grande e profittevole azienda concentrata sui computer mainframe. Per un periodo IBM aveva dominato anche il mercato dei PC, ne aveva consacrato il suo uso in ambito aziendale e aveva introdotto numerosi standard che ancora usiamo. Ma alla fine aveva perso tutto, forse a causa di uno scenario mutevole che richiedeva più flessibilità, forse per scelte sbagliate.

Larry Ellison (Fondatore di Oracle): Penso che IBM fece un solo errore ma probabilmente uno dei più grossi nella storia del business. IBM era il primo produttore e distributore di PC basati su tecnologia Microsoft e Intel che solo per sbaglio era chiamato PC IBM. Era il primo produttore e distributore di quella tecnologia ma così facendo aveva in pratica regalato un terzo del suo valore di mercato a Intel e un terzo del suo valore di mercato a Microsoft.

Quando IBM abbandonò quel mercato, Microsoft trovò velocemente nuovi clienti. Nel 1980 IBM valeva circa 3000 volte Microsoft. Oggi a Wall Street i numeri sono diversi. Entrambe le aziende sono state messe sotto accusa dall'anti-trust per la loro posizione dominante. Per anni IBM ha rappresentato il successo delle imprese americane, una macchina perfetta di ordinata burocrazia. Microsoft è invece salita alla ribalta con uno stile differente e riflette la personalità del suo fondatore, Bill Gates.

Jean Richardson : Bill voleva vincere. Anche alla Microsoft c'era questo incredibile desiderio di vincere e battere i concorrenti.

Esther Dyson (Analista di mercato): Bill Gates è un uomo speciale. Con qualsiasi altra persona al timone la Microsoft non sarebbe stata tale. Ma bisogna riconoscere che Gates è stato anche fortunato, e lui lo sa. Ma a differenza della maggior parte delle persone che fanno parte di questa industria, Bill è anche paranoico. Non è mai sicuro e rilassato, è sempre sulla corda e lavora moltissimo, questo è il

segreto della Microsoft.

Christine Comaford : Ricordo che una volta Bill mi confidò di aver paura di invecchiare perchè, mi disse, oltre i trent'anni non si hanno più buone idee. Forse anche per questo continua ad assumere persone giovani e brillanti, e ama lavorare con loro. Rappresenta per lui una sorta di immortalità.

Bill Gates : Se pensiamo a cosa è accaduto ad IBM e a molte altre aziende, qualche imprevisto potrebbe capitare facilmente anche a Microsoft. Nessuno ha una posizione garantita nel mercato attuale. L'alta tecnologia si evolve rapidamente e noi altrettanto rapidamente dobbiamo muoverci in fretta, prendere le decisioni giuste, avere delle buone idee. Questo è l'unico modo per rimanere leader del settore.

Windows decretò la fine dell'alleanza fra Microsoft e IBM e la vittoria di Gates. Microsoft stava lavorando da anni a quel sistema operativo ma fu solo nel 1990 che ne lanciò una versione non solo funzionante a dovere ma che gli consentì di spazzare via tutti i concorrenti e di dominare il mercato. Ma chi aveva avuto per primo l'idea di un software di quel tipo, un sistema operativo con interfaccia grafica? Non certo Microsoft. L'idea era venuta agli hippy della Apple. Proprio quando IBM e Microsoft proponevano macchine rivolte al mondo business, Apple pensò di produrre il primo personal computer facile da usare e con il famoso spot del 1984 lanciò il Macintosh.

Il messaggio è pensato per colpire direttamente IBM che la casa di Cupertino raffigura come il Grande Fratello da sconfiggere. Ma Apple aveva sbagliato bersaglio, non era quello il Grande Fratello di cui avrebbe dovuto preoccuparsi, era il grande Bill Gates.

Nel 1980, appena quattro anni dopo essere stata fondata in un garage della California, Apple era diventata il primo produttore al mondo di personal computer. Il gigante IBM non tollerava questa situazione e contrattaccò lanciando il suo PC IBM nel 1981. Sebbene non fosse particolarmente innovativo, fu un enorme successo che dette origine al fenomeno dei computer cloni. Ma i computer erano ancora troppo complicati da usare, c'era bisogno di una rivoluzione che li rendesse più accessibili.

Molto tempo dopo, il 24 Agosto 1995, in un sobborgo di Seattle si teneva il più grande e fragoroso lancio di un prodotto nella storia dei personal computer, Windows 95. E Bill Gates era la star, il presidente, la guida dei nerd e il leader spirituale di Microsoft. Questo era l'atto finale nel sogno di Bill di veder girare il suo software su ogni PC del mondo.

Bill Gates : Volevamo mostrare alla gente come un PC con Windows 95 fosse più veloce, facile da usare e divertente. Per sette anni portammo avanti questa crociata solitaria... ma alla fine tutta l'industria del PC fece un sostanziale salto di qualità.

Dalle parole di Bill Gates, Windows 95 era descritto come l'ultima e più significativa innovazione da quando il personal computer era stato inventato. Avrebbe potuto semplicemente dire che il suo nuovo sistema operativo aveva un aspetto gradevole e rendeva l'uso del pc più facile e intuitivo rispetto a prima. È doveroso ricordare che i concetti alla base di Windows 95 furono inventati venti anni prima.

I venti anni che avevano preceduto la presentazione di quel nuovo software non erano stati affatto semplici. Avevano visto un'industria alle prese con enormi rischi, grandi passioni, drammatici fallimenti, rimescolamenti di alleanze e rivalità. Si erano conclusi con il trionfo della visione commerciale di Bill Gates. Il successo sul mercato non deriva direttamente dall'innovazione o dalla migliore qualità di un prodotto, ma dalla spietata abilità nello sfruttare le occasioni che si presentano. E il modo in cui Microsoft ha saputo vendere l'interfaccia grafica del PC è un tipico esempio di questa abilità.

All'inizio i personal computer erano piuttosto difficili da usare in primo luogo perchè erano primitivi ma anche perchè chi li utilizzava di solito aveva una certa predilezione per le cose complicate.
Fare la stessa operazione banale, come ad esempio salvare un documento .doc, su un PC IBM del 1983 usando comandi DOS e su un PC di una dozzina d'anni più recente con Windows 95 è effettivamente molto più semplice su quest'ultimo. Tutto merito dell'interfaccia grafica, o come è chiamata in gergo, “GUI” (graphical user interface). Le immagini usate al posto del testo rendono l'uso del personal computer più facile e intuitivo.

La battaglia per portare l'interfaccia grafica su un PC e renderlo più user-friendly era durata più di dieci anni ma alla fine era stata vinta e a trarne i più grandi benefici (economici) fu proprio Bill Gates.
Ma la vera storia inizia nel 1971 a Palo Alto, a sud di San Francisco, quando la Xerox, oggi nota soprattutto per le sue fotocopiatrici, aprì un centro di sviluppo, il Palo Alto Research Center, meglio conosciuto come PARC. Con una notevole intuizione, i vertici della Xerox avevano immaginato un futuro in cui la lettura si sarebbe sempre più spesso spostata dalla carta verso i monitor dei computer e pensarono di sviluppare quelle tecnologie che gli avrebbero permesso di allargare il loro business anche in quei futuri uffici privi di carta.

Bob Taylor (ex-responsabile del Laroratorio di Informatica allo Xerox PARC): In teoria bastava prendere l'informatica e la tecnologia dei computer, ed applicarla ad un ufficio. Avremmo ottenuto semplicemente un luogo di lavoro migliore, più produttivo, molto più piacevole, quasi divertente, più interessante e più gratificante. Così iniziammo a lavorarci.

Bob Taylor avviò il Computer Science Lab e una delle prime cose che fece fu comprare delle poltrone per i suoi ricercatori affinchè potessero sedere comodi durante interminabili brainstorm.

Bob Taylor : Ne ho ancora un paio di quei pouf imbottiti, erano molto pratici da usare al laboratorio.

Si dice che fra i 100 più grandi ricercatori che hanno contribuito allo sviluppo del computer e dell'informatica, ben 58 abbiano lavorato al PARC. E questo dato è ancora più sorprendente se consideriamo che il gruppo di persone impegnate contemporaneamente al centro di ricerca non superò mai le 50 unità...

Ma Taylor metteva a disposizione di quei geniali nerd delle risorse illimitate e li proteggeva da pressioni commerciali.

John Warnock (ex-ricercatore allo Xerox PARC): L'atmosfera era elettrica e c'era una totale libertà intellettuale. Non esisteva un sapere convenzionale dato per scontato. Ogni idea proposta veniva considerata e messa alla prova.

Larry Tesler (ex-ricercatore allo Xerox PARC): I dirigenti ci avevano

detto di creare un nuovo mondo. Ma noi non capimmo esattamente cosa intendevano. Sapevamo solo che lì eravamo tutti giovani talentuosi, pieni di energia, con un sacco di idee.

Adele Goldberg (ex-ricercatore allo Xerox PARC): Tutte le persone che venivano a lavorare al PARC per seguire dei progetti importanti, a lunga scadenza e senza eccessive pressioni, avevano in pratica realizzato i loro sogni.

Ancora oggi, in quel che resta del PARC, è possibile ammirare lo Xerox Alto, costruito attorno al 1973, che alcuni considerano a torto il primo personal computer. Non può essere considerato tale per due motivi: primo, non fu mai messo in vendita, e secondo, solo qualche suo componente sarebbe arrivato a costare $10,000. Quello che è vero è che nello Xerox Alto sono già presenti tutti quegli elementi che contraddistinguono un moderno personal computer e che senza di esso noi non avremmo avuto il Macintosh, non avremmo avuto Windows, nè la maggior parte dei prodotti oggi presenti nell'industria dei personal computer... e ironicamente nessuna di queste cose ha stampato sopra il logo Xerox.

Lo Xerox Alto era un qualcosa di straordinario per la sua epoca. La stessa Xerox lo defiva un “sistema sperimentale per l'ufficio” facile da usare e intuitivo. Utilizzava l'interfaccia grafica e un mouse, era collegato ad altri PC attraverso un sistema chiamato ethernet per lavorare in rete. E quello che veniva visualizzato sul monitor era precisamente quello che restituiva la stampante laser. Tutto questo precorreva veramente il suo tempo.

Molti che facevano parte di quel team di ricerca, in seguito lasciarono la Xerox per fondare delle proprie aziende e sfruttare commercialmente le loro idee. Così fece Bob Metcalfe che oggi si gode la vita da turista in prima classe.

Bob Metcalfe (ex-ricercatore allo Xerox PARC): Si è vero, sono felice e contento e devo tutto al fatto di aver inventato ethernet! Oggi ci sono più di 50 milioni di persone che usano ethernet, è stupefacente! Facevo parte di quel primo gruppo di ricercatori del PARC che hanno veramente inventato il futuro.

Anche noi, quando abbiamo iniziato a sviluppare un computer,

avevamo l'intento di “metterne uno su ogni scrivania”.
Oggi la frase “...su ogni scrivania” non suona con lo stesso senso di stupore che poteva suscitare nel 1971-72 quando uno poteva considerarsi fortunato se aveva l'accesso ad un computer che si trovava nella propria città non troppo lontano da casa...Un computer su ogni scrivania richiedeva un'infrastruttura del tutto nuova.

Larry Tesler : Pensavamo che portando avanti quella serie di progetti al PARC, la nostra visione si sarebbe concretizzata esattamente come l'avevamo immaginata, il personal computer avrebbe fatto la sua grandiosa comparsa sulla scena cogliendo tutti di sorpresa e avrebbe cambiato per sempre il nostro mondo.

Ma i brillanti ricercatori del PARC non riuscirono mai a convincere i dirigenti della Xerox di quanto la loro visione fosse accurata. La sede centrale a New York ignorava completamente il fatto di possedere quella rivoluzionaria tecnologia a tremila miglia di distanza. O semplicemente non riuscivano a comprenderla.

John Warnock : In tutta l'azienda mancava una figura di raccordo. C'era una tremenda discordanza tra il management e il fantastico lavoro che stavano svolgendo i ricercatori. Non c'era qualcuno in grado di comprendere quella visione e concretizzare quelle idee in dei prodotti vendibili. Era veramente frustante parlare con delle persone che non erano minimamente in grado di capire quello che stavamo facendo.

Ma a poche miglia da Palo Alto in realtà c'era un uomo capace di condividere quella visione. Era un uomo pericoloso. La gente lo amava e lo odiava, spesso contemporaneamente. Per anni l'industria del personal computer aveva seguito la direzione che lui aveva imposto. Stiamo parlando di un uomo che non agiva in nome del profitto o spinto dal desiderio di ricchezza, no, lui portava avanti una guerra santa, devoto alla causa del personal computer, che per lui rappresentava lo strumento per cambiare il mondo. Stiamo parlando del signor Steve Jobs.

Larry Tesler : Non conoscevo esattamente il significato della parola “carisma”, ma dopo aver incontrato Steve Jobs mi fu chiaro.

Bob Metcalfe : Steve Jobs sarà sempre il mio eroe, per lui nulla è impossibile.

Larry Tesler (Capo della divisione sviluppo in Apple Computer): Steve voleva essere il migliore, voleva creare qualcosa di grande e ci incalzava per farci realizzare quello che lui aveva in testa.

Bob Metcalfe : Steve pretende degli standard molto alti e non ha assolutamente pazienza con la gente che non li rispetta.

Steve Jobs : Il mio comportamento sarà opinabile, ma non sono il tipo a cui interessa avere ragione, a me interessa avere successo.

Steve Jobs aveva co-fondato la Apple Computer nel 1976. Il primo personal computer a raggiungere la popolarità, l'Apple 2, fu un grande successo di mercato e fece di Steve Jobs uno dei nomi più importanti di quella nuova industria. Apple era all'apice del successo nel Dicembre 1979, quando l'allora ventiquattrenne Jobs ebbe il privilegio di essere invitato a visitare lo Xerox Parc.

Steve Jobs : In verità loro mi mostrarono tre cose, ma rimasi così accecato dalla prima che fu come se non avessi visto le altre due. Si trattava della programmazione orientata agli oggetti, che mi era del tutto sconosciuta, e di un sistema di computer Alto che lavoravano in rete e si scambiavano email... mai visto nulla del genere.

Ma, come ho detto, fu la prima cosa che mi mostrarono che aveva catturato tutta la mia attenzione: l'interfaccia grafica. Era la cosa più bella che avessi mai visto in vita mia. A ripensarci adesso, in realtà era ancora incompleta, piena di difetti e anche con qualcosa di completamente sbagliato. Ma all'epoca era un'ottima implementazione di un concetto fondamentale e dopo dieci minuti mi risultò ovvio che un giorno tutti i computer avrebbero funzionato a quel modo.

Fu un punto di svolta. Jobs decise che quella sarebbe stata la via da seguire per Apple.

Adele Goldberg (ricercatore al PARC, co-sviluppatrice del linguaggio Smalltalk): Quando Steve Jobs chiese direttamente a me di mostrare al suo team di programmatori le potenzialità si un computer Alto con il

sistema Smalltalk, io mi rifiutai categoricamente. Fosse stato per me, non avrei regalato quelle informazioni. Dissi che lo avrei fatto solo se il capo del centro di ricerca e i vertici Xerox se ne fossero assunti la responsabilità. Ed è quello che fecero.

Adele e i suoi colleghi mostrarono ai programmatori Apple un computer Alto dotato di interfaccia grafica e quell'innovativo sistema di puntamento, il mouse, che faceva muovere un cursore sullo schermo.
Le finestre sullo schermo potevano essere sovrapposte, proprio come fogli di carta su una scrivania.
Alla gente di Apple apparve subito evidente che quel computer era stato ideato per essere facile da usare, una macchina con la quale tutti potevano interagire in modo amichevole, era davvero alla portata di chiunque.

Bill Atkinson (Designer del team di sviluppo del Macintosh): Durante quell'ora e mezza che durò la dimostrazione, sviluppammo la convinzione che l'uso della grafica semplificava enormemente alcuni concetti, rendeva i computer più accessibili e potenzialmente allargava il bacino di utenza e il business della nostra industria.

Larry Tesler : Dopo un'ora avevano già compreso la nostra tecnologia e le sue possibili applicazioni, molto più di quanto fecero i dirigenti Xerox dopo anni che gliela mostravamo.

Steve Jobs : Fondamentalmente alla Xerox avevano in testa le fotocopiatrici, neanche sapevano a cosa poteva servire un computer. E così rimediarono solo un fallimento da quella che poteva essere una grandissima vittoria nell'industria dei computer. Xerox oggi avrebbe potuto possedere l'intera industria. Poteva essere un'azienda dieci volte più grande. Poteva essere come l'IBM degli anni ‘80, o come la Microsoft degli anni ‘90.

Per Steve Jobs la via di Damasco passava attraverso lo Xerox Alto. Riuscì a convincere il consiglio di amministrazione della Apple ad investire in quella tecnologia, con lo scopo di copiare ciò che aveva visto allo Xerox Parc. Quello era il suo nuovo strumento che gli avrebbe consentito di guidare un altro cambiamento nell'industria dei

PC. Un centinaio di ingegneri furono assunti per sviluppare un nuovo computer con il nome in codice di “Lisa”.
Ma qui iniziarono i problemi. Il prodotto finale era acerbo e il prezzo di listino era prossimo ai $10.000, troppo per un normale acquirente di PC. Jobs, anche a causa del suo atteggiamento, finì per essere estromesso dalla guida di quel progetto che lui stesso aveva fortemente voluto.

Steve Jobs : Rimuginai per qualche mese, ma non c'era troppo tempo da perdere. L'Apple 2 aveva iniziato la sua parabola discendente e avevamo un gran bisogno di inventarci un prodotto basato su quella nuova tecnologia che avevamo sviluppato, e dovevamo farlo in fretta altrimenti sarebbe stata a rischio anche l'esistenza stessa di Apple.

La risposta agli interrogativi di Jobs la propose Jeff Raskin, l'impiegato Apple numero 31.
L'idea di Raskin era un computer da $600, facile da usare come un tostapane, nome in codice Macintosh (la varietà di mela più apprezzata in America). A Jobs piaceva il prezzo di riferimento ma non il design proposto da Raskin. Così Steve rilevò il progetto del Macintosh, determinato ad ottenere una versione più economica del Lisa.

Steve Jobs : Misi insieme un piccolo team per realizzare il Macintosh. Noi eravamo in missione per conto di Dio, dovevamo salvare Apple.

Steve aveva bisogno delle persone giuste, pochi brillanti ingegneri, che lo potessero supportare in quella sua crociata tecnologica.

Andy Hertzfeld (Membro del team di sviluppo del Macintosh): Steve arrivò all'improvviso dando un colpo alla mia postazione e dicendo “OK, da ora tu lavori sul Mac”.
Gli dissi che andava bene ma che prima dovevo finire alcune cose che mi avevano chiesto di sviluppare per l'Apple 2. “Lascia perdere questa mondezza, lascia perdere tutto, devi cominciare adesso”.Ok, gli dissi, dammi giusto qualche giorno per... Non mi fece finire di parlare e senza dire nulla staccò la spina dell'Apple 2 sul quale stavo lavorando, facendomi perdere tutto il codice che avevo scritto. Si prese il mio

computer e uscì dall'ufficio. Non potei fare altro che seguirlo. Mise il mio computer nel portabagagli della sua auto, mi fece accomodare in macchina e mi portò in un altro edificio. Ritirò fuori il computer, salimmo al primo piano, e lo poggiò su una scrivania. “Tu lavori sul Mac. Da ora!”

Mentre Jobs era impegnato in questa sua “operazione Mac”, aveva bisogno di un direttore generale più ortodosso per guidare l'azienda. Un volto conosciuto e rispettato da tutta l'industria americana. Scelse John Sculley, l'amministratore delegato della Pepsi-Cola. Sculley rifiutò – lasciare la Pepsi per una compagnia nata da appena quattro anni e fondata in un garage? Siamo seri ?! Ma era piuttosto difficile dire no a Steve Jobs...

John Sculley (CEO di Apple Computer, 1983-93): Mi guardò fissandomi in quel modo in cui solo Steve Jobs è capace e mi disse “Vuoi continuare a vendere acqua zuccherata per il resto della tua vita o vuoi cambiare il mondo con me?” Quelle parole mi colpirono, mi offrivano un'opportunità che avrei potuto rimpiangere di non aver afferrato.

I giovani componenti del team di sviluppo del Mac, che avevano un'età media di 21 anni, stavano per iniziare il lavoro più difficile ed eccitante della loro vita, incessantemente guidati dall'ego di Jobs.
La missione del Mac era quella di rivoluzionare il mercato dei PC e Jobs insisteva affinchè il team perseguisse la perfezione in quel prodotto.

Andy Hertzfeld : A Steve non piaceva il fatto che il Mac, una volta acceso, impiegasse troppo tempo a fare il boot e così cercava di motivare Larry Kenyon dicendogli “Hai idea di quanti milioni di persone compreranno questa macchina? Immagina di rendere il boot soli cinque secondi più veloce, significherebbe far risparmiare cinque secondi al giorno a milioni di persone e se sommi tutti i secondi risparmiati questi equivalgono alla vita di cinquanta persone. Se tu rendi il boot cinque secondi più veloce è come se salvassi la vita a cinquanta persone”.

Era un bel modo di vedere le cose, serviva a spronarci.

Larry Tesler : Ma Steve ci mise addosso una fretta e una pressione incredibile, non avevo mai provato nulla di simile, ti annientava, non potevi fare altro che cercare di accontentarlo.

Bill Atkinson : Alcune espressioni di Steve sono leggendarie: “Cos'è questa merda?”. Ma il suo linguaggio va interpretato, si rivolgeva a degni ingegneri e voleva semplicemente mettere in discussione il loro operato o suggerirgli un'altra soluzione.

Steve Jobs : Le parole non vanno prese alla lettera. Ero circondato da tutte persone in gamba che stimavo, loro erano consapevoli di questo e non dovevano sentirsi feriti come dei bambini.

Bill Atkinson : Steve innescava un processo di dialogo e questo spesso significava per gli ingegneri tornare indietro sui propri passi e rifare qualcosa in modo migliore. La capacità di Steve sta proprio nel rendere un prodotto migliore senza conoscere esattamente il modo in cui gli ingegneri lo hanno realizzato.

Man mano che il progetto del Mac andava avanti, nuove caratteristiche erano continuamente aggiunte.
Jobs diceva che il Mac doveva essere grandioso e metteva alla frusta i suoi ingegneri. La sua fretta era necessaria perchè dall'inizio del 1983 Apple era abbastanza in crisi. I problemi di Apple erano iniziati nel 1981 quando IBM lanciò il suo primo PC. L'enorme successo ottenuto, che nel giro di due anni portò Big Blue a vendere più di due milioni di unità, le consentì di sorpassare Apple e diventare l'attore principale sul mercato.

Le vendite dei PC IBM erano sostenute principalmente dal software: programmi principalmente orientati al business e alla produttività, ma anche didattici e ludici. Ma tutto il software esistente per IBM non avrebbe girato su un Mac. Per fare del Macintosh un successo, Jobs aveva assolutamente bisogno delle killer applications.

A quel tempo Microsoft aveva un centinaio di dipendenti e stava facendo fortuna grazie al DOS, il sistema operativo che equipaggiava il PC IBM. Ma il DOS non aveva un'interfaccia grafica.
Bill Gates e il suo aggressivo braccio destro Steve Ballmer guardavano con interesse al Mac.

Steve Ballmer : Ad una qualche conferenza Jobs confidò a Bill che stava lavorando ad un nuovo progetto, una nuova macchina con interfaccia grafica, non un LISA riveduto e corretto, ma un computer completamente nuovo che sarebbe stato la sua carta vincente.

Durante lo sviluppo del Mac, Jobs organizzò un evento, il “MAC Dating Game”, una parodia di uno show televisivo, con lo scopo di incentivare gli sviluppatori software. Jobs invitò i boss delle tre principali software house per fargli tessere le lodi del Mac. Uno di questi era Bill Gates. Steve non aveva ancora realizzato che stava aprendo la porta all'uomo che si sarebbe dimostrato uno dei principali avversari della Apple.

Bill Gates : Anche prima che noi finissimo il nostro lavoro per il PC IBM, ebbi modo di scambiare qualche opinione con Steve Jobs e lui mi disse che era al lavoro su un nuovo computer basato sulla tecnologia del LISA ma più economico. Ragazzi, dovevamo aiutarlo! L'Apple Lisa aveva una serie di applicazioni proprietarie che richiedevano molta memoria e noi di Microsoft pensavamo di poterle realizzare meglio e così siglammo con Steve un accordo dove ci impegnavamo a fornire un pacchetto di applicazioni per il primo Macintosh. Da quel momento in poi eravamo direttamente coinvolti nel progetto Mac e nel lavoro che stava svolgendo Steve.

Steve Jobs : La maggior parte delle persone non se lo ricorda, ma fino all'avvento del Mac, Microsoft era completamente fuori dal mercato delle applicazioni business, che all'epoca era dominato da Lotus.

Per Microsoft fu un grosso affare scrivere software per il Mac.

Bill Gates : Secondo l'accordo, dovevamo fornire Excel, Chart e File ma non Word perchè c'era già Macwrite in avanzato sviluppo. Fu così che contribuimmo alla causa del Mac.

Steve Jobs : Le prime realese che ci mostrarono di quei programmi erano veramente terribili ma con le versioni successive le cose migliorarono notevolmente.

Bill Gates : Noi avevamo dedicato molte più persone di Apple allo sviluppo del software ma loro si occupavano di tutti gli aspetti chiave e

questo ci obbligava a fare moltissimi test.

Jeff Raikes (Vice-Presidente Microsoft) Iniziammo a lavorare al software per il Macintosh già all'inizio del 1982 e penso sia stato in quel periodo che Bill si convinse che l'interfaccia grafica fosse la via da seguire per il futuro dei pc.

Ma nel momento in cui anche Bill Gates si convinceva delle potenzialità della GUI, Jobs ancora credeva che il vero nemico della Apple fosse IBM. Big Blue era vista come il grande fratello in 1984 di George Orwell (e questo riferimento è presente anche nel famoso spot pubblicitario che svelò il Mac). Quello che era evidente era che IBM dominava l'industria dei personal computer e che il PC IBM aveva inflitto un duro colpo ad Apple ed aveva ridimensionato la sua quota di mercato.

John Sculley : E molti esperti iniziavano a pensare che Apple sarebbe rimasta fuori dai giochi nel giro di pochi mesi. Business Week pubblicò un articolo con il titolo in copertina “È finita, ha vinto IBM”.

Le persone al lavoro sul Mac si consideravano i “pirati” ma ora erano chiamati a salvare la nave Apple, solo il loro lavoro poteva risollevare le sorti dell'azienda dopo l'inesorabile declino dell'Apple II.

John Sculley : Posticipare la data di uscita di un prodotto capita abbastanza spesso nel mondo dell'alta tecnologia. Anche il Macintosh subì qualche ritardo ma alla fine fu fissata la data di lancio perchè immettere quel prodotto sul mercato era di vitale importanza. Il team di sviluppo era contemporaneamente pressato da quella scadenza e dal perfezionismo di Steve.

Chris Espinosa : Avevamo già mandato in stampa i manuali ma ancora continuavamo a fare modifiche al software senza avere tempo di fare tutti i test necessari. Steve non sentiva ragioni ma facendo così rischiavamo di compromettere la qualità del prodotto, ogni piccolo dettaglio non era mai troppo piccolo e non era mai troppo tardi per aggiustarlo.

Andy Hertzfeld : Eravamo come in una pentola a pressione. Dovevamo continuare a lavorare senza sosta finchè non portavamo a

termine il nostro compito. Quando eravamo vicini al lancio non andai a dormire per tre giorni di seguito e l'ultimo giorno facemmo tutti le sei di mattina.

Finalmente tutto era pronto per poter riscattare il costoso flop dell'Apple Lisa. Il destino dell'intera azienda era affidato al lancio del Mac. John Sculley aveva autorizzato un investimento da 15 milioni di dollari per la campagna pubblicitaria che partiva il giorno in cui il Mac fu svelato al pubblico, il 24 Gennaio 1984.

John Sculley : Ricordo quanto fosse nervoso Steve prima del lancio del Macintosh. Le prove fatte la notte precedente erano state un disastro totale, nulla sembrava andare per il verso giusto, Steve se la prendeva con tutti, ci sembrava veramente impossibile riuscire a fare una presentazione dignitosa il giorno seguente, ma quando quel momento arrivò Steve si comportò da provetto showman.

Steve Jobs (Alla presentazione del Mac): Nel corso dell'industria dei personal computer ci sono state solo due pietre miliari: l'Apple II nel 1977 e il PC IBM nel 1981. Oggi, un anno dopo il LISA, noi stiamo per introdurre il terzo prodotto di riferimento: il Macintosh. Molti di noi hanno lavorato a questo progetto per oltre due anni e oggi vi presentiamo il risultato. Avrete già visto alcune foto del Macintosh, ora ho il piacere di mostrarvelo di persona.

Il Macintosh fu senza ombra di dubbio il primo personal computer che, ad un costo ragionevole, poteva vantare un'interfaccia grafica. Fu anche il primo computer ad essere considerato un monumento alla personalità del suo creatore. Il brillante lavoro fatto allo Xerox PARC e le innovazioni portate dall'Apple Lisa passarono in secondo piano, sembrava che la paternità del Mac fosse riconosciuta ad un solo uomo. Anche la voce computerizzata del Mac durante lo show ribadiva questo concetto: “ È con grande orgoglio che voglio presentarvi la persona che è stata come un padre per me – Steve Jobs ”.

John Sculley : Io assistevo da dietro al palco e quando Steve iniziò a pronunciare orgogliosamente il suo discorso aveva proprio l'aria di uno che stava lanciando una rivoluzione.

Steve Jobs : Alla fine è una questione di sensibilità, comprendere le

cose migliori create dall'uomo e cercare di portarle in quello che stai facendo. Picasso diceva che i buoni artisti copiano, i grandi artisti rubano. E noi non ci siamo vergognati di rubare grandi idee. Penso che parte del successo del Macintosh sia dovuto al fatto che fra le persone che ci lavorarono c'erano anche musicisti, poeti, artisti, zoologi, storici e scienziati che volevano che fosse il miglior computer al mondo, un computer che potesse soddisfare le esigenze di qualunque utente e che si potesse adattare a qualunque ambito, anche a quelli artistici e scientifici.

Con la mania di grandezza tipica del suo rampante leader, Apple creò uno spot televisivo in stile hollywoodiano che voleva simboleggiare come la facilità d'uso del Mac avrebbe liberato il mondo dall'Orwelliana tirannia del cattivo PC IBM. Ma per favore! Nonostante tutto il clamore sollevato, verso la fine del 1984, le vendite del Mac erano un vero disatro. Annuncio dopo annuncio, Apple aveva puntato tutto sul fatto che un Mac fosse più facile da utilizzare di un PC. Ma venduto ad un prezzo di $2500, mediamente mille dollari in più rispetto ad un PC IBM, e nonostante gli sforzi di Jobs di reclutare i migliori sviluppatori software, compreso Bill Gates, i programmi a disposizione erano ancora scarsi.

John Sculley : Era un dato di fatto. Le uniche nostre applicazioni erano Mac Paint e Mac Write, questo aveva percepito il mercato verso la fine dell'anno. Un PC IBM non sarà stato così facile da usare come un Mac, probabilmente non aveva un aspetto altrettanto bello, ma la gente lo continuava a preferire perchè era in grado di eseguire quei programmi che maggiormente gli interessavano: fogli di calcolo, word-processor e database. Le vendite del Mac non decollavano, anzi subirono una flessione, e questo era un grosso problema in prospettiva futura.

Ancora una volta era dimostrata la teoria che un PC doveva avere una particolare applicazione che da sola potesse giustificare l'acquisto di tutta la macchina. Il PC IBM aveva Lotus 1-2-3. Anche il Mac aveva bisogno della sua killer application.

Wysiwyg è un altro acronimo che proviene dal mondo dei nerd. What you see is what you get (quello che vedi è quello che ottieni), ma cosa c'entra in questo caso? Stampare su un foglio di carta esattamente la

stessa immagine visualizzata sul monitor era spesso un'impresa difficile. Solo l'8% del nostro cervello è impegnato nell'elaborare i segnali del nervo ottico per ricostruire un'immagine, evidentemente il computer lavora in modo diverso perchè, ad esempio, i caratteri corsivi in Times New Roman di 72 punti mandati in stampa, hanno un aspetto del tutto differente. Il problema di Apple erano le stampanti ad aghi o a matrice di punti che dir si voglia, che, qualsiasi cosa gli si desse in pasto, la restituivano con una qualità tipica di una macchina da scrivere.

C'era bisogno di qualcuno che inventasse un modo per stampare esattamente ciò che stava sullo schermo. Ma la soluzione era a portata di mano e ancora una volta bisogna ringraziare lo Xerox Parc. Uno dei ricercatori dello Xerox Parc, John Warnock, aveva inventato una tecnologia che grazie ad una stampante laser permetteva di riprodurre con fedeltà assoluta l'immagine presente sul monitor. Aveva appena fondato la sua società chiamata Adobe per commercializzare la sua invenzione, quando fu contattato da Steve Jobs.

Steve Jobs : Qualcuno mi parlò di quei ragazzi fuoriusciti dallo Xerox Parc, così andai a trovarli e mi resi conto del loro eccezionale lavoro che era molto migliore di qualsiasi cosa stessimo facendo noi.

John Warnock (Co-fondatore, Adobe Systems): Steve Jobs ci parlò del Macintosh. Sapeva che le vacchie stampanti ad aghi avevano fatto il loro tempo e non erano più adatte a quel tipo di ambiente in cui il Mac voleva essere protagonista. Il problema era che lui e Atkinson non avevano pensato di adottare una stampante laser e noi non facemmo altro che mostrargli come questo fosse possibile grazie alla nostra tecnologia PostScript.

Steve Jobs : Dopo due o tre settimane avevamo già cancellato ogni nostro progetto interno in quel settore. C'erano alcune persone che mi avrebbero ucciso per questo ma ormai avevamo preso la decisione di comprare il 19,9% di Adobe e siglare un accordo per l'utilizzo del loro software.

L'investimento pagò. La precisione delle immagini generate dalle

stampanti laser e la facilità d'uso fornita dall'interfaccia grafica, portò alla nascita di un nuovo business – il desktop publishing. Se i fogli di calcolo ci avevano reso tutti ragionieri, ora, grazie a nuovi software era possibile creare fantasiose illustrazioni, eleganti documenti e volendo anche delle banconote false... Il Mac aveva trovato la sua killer application e presto sarebbe diventato il PC di riferimento in ogni professione creativa.

Dana Muise (Hypnovista): La mia vita cambiò nel momento in cui impugnai il mouse per la prima volta e decisi di intraprendere la carriera di artista digitale.

Il successo nel desk-top publishing arrivò un po' in ritardo. Nel 1985 le vendite erano ancora fiacche ma Jobs non badava ai numeri. Lui continuava a comportarsi come se il Mac fosse andato a ruba dall'inizio.

Chris Espinosa : Le grandiose aspettative riposte nel Macintosh sembravano non avverarsi. Il prodotto non se la stava cavando così male sul mercato, ma la differenza fra la realtà e quello che si pensava che fosse il suo impatto era veramente abissale. Qualcuno avrebbe dovuto fare qualcosa e quel qualcuno era John Sculley.

John Sculley, CEO per volere di Jobs, presentò al consiglio di amministrazione la sua strategia per salvare l'azienda. Quel piano non includeva Steve Jobs.

John Sculley : Il consiglio doveva fare una scelta, il mio ruolo era quello di aiutarli a decidere se continuare secondo la linea di Steve o prendere qualche altra strada.

Andy Hertzfeld : Steve si sentì colpito personalmente, considerava quella situazione inaccettabile e contrattaccò cercando di mettere in un angolo Sculley perchè era sicuro di avere l'appoggio del consiglio di amministrazione.

John Sculley : Alla fine, dopo che tutti gli amministratori ebbero parlato con me e con Steve, si decise di andare avanti secondo il progetto che avevo presentato e Steve fu costretto a farsi da parte.

Steve Jobs : Che posso dire? Avevo scelto l'uomo sbagliato. Era stato capace di distruggere tutto quello per cui avevo lavorato in dieci anni. Aveva iniziato con me, ma il peggio doveva ancora venire. Avrei lasciato volentieri Apple se Apple avesse scelto di seguire la strada che volevo io.

Larry Tesler : In merito a quell'episodio, le persone in azienda avevano dei sentimenti contrastanti. In un modo o nell'altro tutti avevano subito la pressione di Steve Jobs, alcuni ne erano addirittura terrorizzati, e fu con un certo sollievo che appresero la notizia del suo allontanamento, ma nello stesso tempo essi nutrivano un incredibile rispetto per Steve Jobs ed erano tutti sinceramente preoccupati per le sorti dell'azienda priva del suo visionario fondatore, priva del suo carisma...

Andy Hertzfeld : Apple non riuscì in nessun modo a recuperare la perdita di Steve. Steve era il cuore pulsante dell'azienda, era il punto di riferimento che guidava le scelte. Oggi Apple è molto diversa, ha perso la sua anima.

Sembra una beffa del destino, ma l'anno dopo che Jobs lasciò l'azienda, Apple segnò un'impennata dei profitti.
L'età media dei dipendenti era di ventisette anni, tutti lavoravano sodo ma con uno stile di vita tipicamente californiano applicato al business dei personal computer, tutto sembrava divertente come una festa in spiaggia. Grazie a miglioramenti hardware e al boom del desktop publishing, il Mac continuava la sua lotta contro i PC IBM guadagnando fette di mercato. Nel 1987 la produzione era a pieno regime, Apple vendeva un milione di Macintosh all'anno. Numeri paragonabili a quelli di IBM ma con la grande differenza che dei $2000 del prezzo di vendita, la metà era puro guadagno! Apple sosteneva con arroganza che i suoi prodotti erano talmente buoni che gli utenti sarebbero stati sempre disposti a spendere un po' di più per averli. Grande errore. Il Macintosh era più costoso di un PC IBM (e compatibili) ma se si desiderava un sistema facile da usare e dotato di interfaccia grafica non c'erano valide alternative, almeno questo era ciò che pensavano alla Apple senza aver fatto i conti con un uomo chiamato Bill Gates. Gates vedeva nell'interfaccia grafica del Mac una potenziale minaccia a lungo termine per quella che era la macchina da

soldi di Microsoft, il DOS, l'ormai datato sistema operativo che equipaggiava ogni PC IBM. Così Bill decise di creare un'interfaccia basata sul DOS che in pratica era come rifare la facciata di un vecchio edificio. Microsoft chiamò Windows il suo nuovo prodotto. A dire il vero non era granchè ma fu sufficiente a difendere la quota di mercato raggiunta col DOS.

Jeff Raikes : Verso Febbraio o Marzo del 1984, poco dopo l'introduzione del primo Apple Macintosh, noi di Microsoft eravamo fermamente convinti che bisognava scommettere sull'interfaccia grafica. Lo avevamo fatto inizialmente sviluppando software per il Mac, volevamo continuare con Windows.

Microsoft iniziò una lunga e spesso frustrante rincorsa per trovare una soluzione che potesse rivaleggiare con la GUI del Mac. Per anni si avvicendarono team di programmatori che lavoravano come schiavi nei loro uffici senza finestre per realizzare Windows, consolati solo da un'interminabile scorta di gazzosa.

Steve Ballmer : Seguii personalmente lo sviluppo di Windows 1.0 (rilasciato verso la fine del 1985), continuavamo ad annaspare producendone versioni su versioni fino ad ottenerne una soddisfacente, la 3.0 nel 1990.

Il primo Windows faceva veramente ridere paragonato all'interfaccia del Mac. Ma Gates è il tipo che non si arrende.
Lentamente venivano apportati dei miglioramenti finchè anche gli uomini di Apple iniziarono a preoccuparsi. E ad ogni nuova caratteristica che appariva in Windows, sempre maggiore era la loro impressione che Microsoft stesse copiando il Mac. E così, nel 1988, decisero di citare in giudizio Microsoft coinvolgendola in una lunga battaglia legale in cui si doveva difendere dall'accusa di aver rubato lo stile e un insieme di caratteristiche proprie della GUI Apple.

John Sculley : È stato tirato in ballo il look & feel che non è altro che l'aspetto esteriore con cui si presenta l'interfaccia. L'esperienza d'uso non era brevettabile, si potevano al massimo far valere dei diritti d'autore ma non c'erano precedenti in materia di legge. Quella sentenza si apprestava a diventare un caso di riferimento.

Bill Gates : Windows era troppo importante per noi e l'intera strategia di Microsoft rischiava di fallire durante quell'interminabile periodo che si protrasse per cinque anni.

Larry Tesler : Volevano andare fino in fondo, volevano spazzarci via e ci trascinarono davanti alla Corte Suprema.

Bill Gates : Fortunatamente i nostri legali e i giudici arrivarono alle giuste conclusioni.

John Sculley : Apple perse quella battaglia legale. Ma il caso andò avanti per quasi sei anni e durante quel periodo ci cullammo compiaciuti del fatto che Windows fosse il nostro unico avversario.

Il lancio di Windows 3 nel 1990 fece vacillare la speranza di Apple che il Macintosh potessere vincere la guerra dell'interfaccia grafica. Dopo sei anni di sviluppo era finalmente disponibile una GUI che rendeva il PC IBM e tutti i suoi cloni facili da usare come un Mac.

In un anno Windows 3 arrivò a vendere quasi 30 milioni di copie, relegando il Mac ad una nicchia di mercato.

Aveva vinto la strategia di Bill gates. In ogni fase dell'evoluzione del personal computer, egli aveva affiancato le aziende che guidavano l'evoluzione hardware ricavando consistenti quote di mercato per i suoi prodotti e rendendo il suo software uno standard dell'industria.

Bill Gates : L'esperienza fatta con il primo PC IBM ci servì moltissimo, imparammo che il modo migliore per commercializzare un pacchetto software era venderlo insieme ad un altro prodotto per il quale c'era una forte domanda. L'azienda aveva scommesso tutto su Windows ma insieme a cosa dovevamo venderlo? Praticamente insieme ad ogni nostro prodotto. Quando fu introdotto sul mercato fu accolto con scetticismo ma in seconda battuta riuscì ad imporsi.

Il lancio di Windows non faceva altro che confermare che la strada intrapresa dal Macintosh era quella giusta.
L'interfaccia grafica, le grandi idee dello Xerox Parc, che erano state tramutate in un prodotto reale da Apple, adesso stavano facendo arricchire Bill Gates. Perchè? Perchè lui era abile e determinato a sfruttare le opportunità che altri non sapevano cogliere, prendeva le

giuste decisioni mentre i suoi concorrenti si comportavano da stupidi.

John Sculley : Il problema era che l'industria non era misurata in base a chi vendeva più personal computer o a chi possedeva la tecnologia più innovativa. L'industria dei personal computer era nelle mani di coloro che avevano il sistema più aperto e adottato dalla maggior parte delle altre aziende. La strategia di Microsoft si era rivelata quella vincente.

Steve Jobs : Il solo problema di Microsoft è che non hanno il minimo gusto, non ci mettono passione. Non mi sto riferendo ad un aspetto particolare, quanto piuttosto al loro comune modo di operare, nel senso che non hanno mai portato idee originali o trasmesso una cultura nei propri prodotti. Ad esempio, un bel libro, con caratteri spaziati e ben dimensionati oggi sarrebbe impossibile da realizzare con software Microsoft se non ci fosse stato il Mac e tutte le nuove tecnologie che ha introdotto. Non sono amareggiato per il successo di Microsoft, per la maggior parte se lo sono guadagnato. Quello che mi dispiace è che ad ottenere tanto successo siano stati dei prodotti di terz'ordine.

Steve Ballmer : Ammetto in tutta sincerità che il sistema operativo Windows come lo abbiamo oggi avremmo potuto realizzarlo anche tre o quattro anni fa se non fossimo rimasti legati con IBM così a lungo. Abbiamo sprecato molte energie e il fatto di avere una parte dell'azienda che seguiva altri progetti lo scontammo sul numero di innovazioni che potevamo portare sui nostri prodotti. Ma questa fase è stata superata e quando oggi ascolto le critiche non faccio altro che rispondere “Guarda Windows 95!” Saranno poi gli utenti a giudicare la bontà di un prodotto e a decretare la leadership di un'azienda.

Bill Gates : Lo sviluppo continua incessantemente. Riceviamo milioni di telefonate e parliamo con gli utenti senza preclusioni. Se la gente decide che c'è qualcosa da cambiare, noi la cambiamo, e rispetto ad altre industrie è più facile e conveniente seguire i suggerimenti. Se penso al modo in cui si sono evolute le interfacce grafiche durante gli ultimi dieci anni, non posso che essere soddisfatto del modo in cui Microsoft sia stata in prima linea e dei risultati raggiunti.

Il 24 agosto 1995, Gates assestò il colpo di grazia ai suoi rivali. Windows 95 fondeva in un'unico prodotto il sistema operativo di un PC e la sua interfaccia grafica. Con una faraonica campagna promozionale costata 300 milioni di dollari, si avviò presto a diventare uno standard di mercato soppiantando il caro vecchio DOS.

Segnò il trionfo definitivo di Bill. Un nerd era diventato l'uomo più ricco del mondo. E mentre la sua figura si stagliava colossale sul mondo dei personal computer, si combatteva la più grande delle battaglie che vide soccombere il Mac e decretò il successo del PC. La fortuna di Gates poggia sul fatto di aver fornito il sistema operativo per personal computer che si è imposto come standard dell'industria. E questa situazione probabilmente perdurerà fintanto che i computer rimarrano come li conosciamo oggi, degli scatolotti sopra alle nostre scrivanie. Ma già oggi i computer sono interconnessi alla grande rete e hanno accesso alle autostrade dell'informazione. Un PC collegato a internet è anche posta elettronica, telefono e televisione. Secondo la teoria della convergenza digitale, il PC si dovrà evolvere in un sistema in grado di gestire ogni forma di informazione digitalizzata come libri, musica e film.

Internet rappresenta la prossima tappa nella rivoluzione dell'informazione, un mondo in cui non ci sono ancora standard definiti e al rigurado anche Bill Gates non sembra avere ancora le idee chiare.

Bill Gates : È impressionante la rapidità in cui Internet cambia mese dopo mese. Nessuno conosce esattamente quale direzione prenderà il fenomeno e cosa ci dovremmo aspettare da qui a tre mesi o a sei mesi, è impossibile dirlo.

Bill Gates non si sta riposando sugli allori. Sta stringendo nuove alleanze e ha investito nella Dreamworks, la nuova casa di produzione di Steven Spielberg. È legato anche alla tv via cavo NBC, in diretta concorrenza con Rupert Murdoch. Questi magnati sono distanti anni luce dal nerd che Bill era stato, molto diversi ma più astuti e pericolosi di ragazzi come Gary Kindall che solo per caso erano diventati uomini d'affari. Anche la vittoria di Bill ai danni dell'IBM può essere considerata in realtà come una vittoria su un avamposto lontano dalle attenzioni del quartier generale di Big Blue. I nuovi avversari di Gates sono i manager rampanti, non gli hippie.

In molti sperano che Internet rivoluzionerà le carte e sfuggirà al controllo di Bill Gates, che i PC saranno presto destinati alla pattumiera e che la stessa sorte toccherà a Microsoft. La pensa così anche Larry Ellison, il boss di Oracle, un'azienda in crescita che vende software alle aziende che condividono informazioni fra centinaia di utenti.

Ad Atherton, uno dei luoghi più esclusivi della Silicon Valley, lo scapolo miliardario si è fatto costruire una dimora da dieci milioni di dollari in stile samurai...

Larry Ellison (presidente di Oracle): Si, mi piaceva l'idea di un grosso stagno circondato da molte piccole costruzioni, una specie di villaggio.

Insieme alle sue carpe che popolano lo stagno, Larry contempla le mosse di Microsoft e si prepara a combattere un'imminente battaglia.

Larry Ellison : Le persone commettono un imperdonabile errore quando considerano IBM come il presente e Microsoft come il futuro dell'informatica. Io penso che IBM sia il passato e Microsoft il presente, il futuro è tutto da vedere, nessuno sa quale sarà la tecnologia dominante e quale azienda prevarrà sulle altre.

Come i guardiani del tempio del periodo di Koma Kura, dobbiamo difendere ogni porta, dobbiamo tenere lontani gli uomini Microsoft e impedirgli di varcare la nostra soglia. Non dobbiamo partire dal presupposto che ormai Microsoft domina il mondo, c'è ancora abbastanza spazio per l'innovazione, le cose cambiano e il futuro di Microsoft non è assicurato. Il futuro è Internet e non è detto che sia più necessario un PC.

Larry è convinto che prima o poi il PC sarà rimpiazzato da un dispositivo più economico, sarà un nuovo tipo di elettrodomestico, una televisione evoluta, che avrà accesso alle informazioni semplicemente connettendosi a giganteschi server via internet. Insomma, sarà semplice come aprire un rubinetto mentre il PC ancora si affida al secchio e al pozzo per attingere alle sue informazioni.

Larry Ellison : Odio i PC con tutto me stesso. Per comprare Windows 95 ho dovuto nell'ordine: prendere la macchina, guidare fino al

negozio, comprare una scatola di cartone piena di bit scritti su un pezzo di plastica, portare a casa il CDROM, leggere un manuale per installarlo... ma stiamo scherzando? Sono bit! Non era più semplice metterli in rete? Perchè mettere i bit in una scatola, la scatola su un camion, far arrivare il camion al negozio e costringermi a recarmi fin lì per portare a casa mia i bit nella scatola? È da pazzi.

Ok, è chiaro quanto io ami Internet e per questo pretendo che l'informazione fluisca attraverso la rete.

Larry, Bill, tutti concordano sul fatto che il world wide web sia il futuro. Dobbiamo ringraziare i nerd degli anni ‘70, sono stati loro che hanno reso possibile tutto questo, indipendentemente dal fatto che il PC come lo conosciamo oggi possa o meno sopravvivere in questo nuovo scenario. Siamo pronti a raccogliere la sfida, proprio come fecero i pionieri che iniziarono la rivoluzione dei microcomputer.

Steve Jobs ha venduto disgustato tutte le sue azioni Apple quando fu licenziato ma ha saputo reinventarsi investendo in uno studio di animazione. Egli non ha alcun dubbio di aver dato il suo contributo all'umanità.

Steve Jobs : Non capita spesso di sentir dire alle persone che amano un prodotto, questo invece accade regolarmente a chi utilizza un Macintosh, è un sentimento speciale che ancora permea quel prodotto, qualcosa di veramente straordinario aveva dato vita a quel progetto.

Apple, l'azienda che Jobs aveva fatto crescere da un garage fino alle top 500 di Fortune è in grossa difficoltà. È un'azienda al tramonto ridotta ad una nicchia nel mercato dei PC. L'altro fondatore di Apple, Steve Wozniak, ormai spende la maggior parte del suo tempo insegnando informatica a ragazzini di 12 anni. IBM ha creato il mercato di massa per il PC ma non ha saputo imporre uno standard nell'industria. E la maggior parte delle persone che lavorarono al progetto del primo PC IBM hanno da tempo abbandonato Big Blue. Ed Roberts, che produsse l'Altair, il primo vero PC, ha voltato le spalle all'informatica ed è tornato al suo primo amore, la medicina.

Non è divertente come sono andate le cose? La prima rivoluzione dei

PC ci ha già regalato tante sorprese. Anche Microsoft, che annovera circa 2000 milionari ed almeno due miliardari, non ci si aspettava che avesse tutto quel successo che ha oggi. La società impiega circa trent'anni a metabolizzare una nuova tecnologia e ad adottarla nella vita di tutti i giorni, così è stato per il telefono e il cinema. Anche la televisione impiegò un bel po' di tempo prima che i nostri sederi iniziassero a fare le conche sul divano. Il PC ha ormai più di vent'anni. Cosa dobbiamo aspettarci? Lo scopriremo nei prossimi dieci anni! 

Breve Storia e Futuro dell'Informatica
Federico Faggin, Roma, 3 ottobre 2012

Signor Ministro Profumo, autorità, signore e signori. Sono particolarmente lieto di ringraziare il signor Presidente del Senato per averci ospitato in questa magnifica sala cinquecentesca, le professoresse Rita Levi-Montalcini e Patrizia Livreri per avermi invitato a questa importante cerimonia, i relatori che hanno preso la parola spendendo giudizi lusinghieri su di me, e tutti i presenti per essere intervenuti numerosi, alcuni anche avendo affrontato lunghi viaggi. Ringrazio anche Angelo Gallippi, che da oltre un decennio segue e racconta con passione le mie varie attività.

Oggi vi parlerò dell'informatica, accennando alle varie tappe importanti della sua storia, fino al presente, e soffermandomi soprattutto sulla sua probabile evoluzione futura.
Informatica è una parola di recente invenzione. Fu usata per la prima volta nel 1962 dal francese Philippe Dreyfus, che ottenne informatique dalla fusione di information e automatique, per indicare la disciplina che studia la teoria, la realizzazione e l'utilizzo di sistemi per il trattamento automatico dell'informazione.
La storia dell'informatica però si perde nel tempo. Il primo strumento di calcolo fu l'abaco di cui esistono esemplari che risalgono alla civiltà sumeriana, 4600 anni fa. Tre millenni dopo, la prima calcolatrice meccanica fu inventata da Blaise Pascal in Francia, nel 1642.
Bisogna però aspettare l'ascesa della scienza, con la conseguente rivoluzione industriale, per osservare i primi passi dell'informatica moderna. La prima macchina programmabile, fu il telaio a schede perforate di Joseph Marie Jacquard che nel 1801 poteva fabbricare automaticamente tessuti con disegni complessi. Nel 1890 il governo Americano usò, per il censimento dello stesso anno, una macchina tabulatrice con classificatore, inventata da Herman Hollerith, che dimostrò una grande riduzione dei tempi di elaborazione dei dati rispetto ai metodi manuali precedenti. Qualche anno prima, la prima calcolatrice meccanica a tasti fu messa in vendita negli Stati Uniti, con il nome Comptometer.
Durante il XIX secolo le scoperte dell'elettromagnetismo portarono nuove conoscenze e potenti tecnologie nel mondo, tra cui il motore elettrico e l'elettrificazione della società. A cavallo tra il XIX e il XX secolo, ci fu un periodo straordinario di invenzioni dovute alla maturazione delle tecnologie meccaniche in combinazione con le nuove possibilità offerte dall'elettrotecnica. Invenzioni come la lampadina elettrica, la telegrafia senza fili, la valvola termoionica, l'automobile, l'aereo, il cinema, la macchina fotografica, il grammofono, la radio, il telefono, gli elettrodomestici, e decine di altre invenzioni cambiarono la vita umana.
Il progresso nell'informatica prese una svolta decisiva negli anni trenta con la scoperta che la logica matematica di Boole costituiva il linguaggio naturale per il trattamento dell'informazione. Il primo computer programmabile fu progettato e costruito da Konrad Zuse nel 1941 in Germania. Usava 2300 relè elettromeccanici, e un film perforato di 35 mm, come quelli usati nelle machine fotografiche, per la memoria dei dati e del programma. La frequenza di orologio era di circa 5 Hz.
Nel 1946, il primo calcolatore elettronico programmabile, l'ENIAC, fu costruito negli Stati Uniti con più di 17.000 valvole termoioniche. Occupava 167 mq, pesava più di 30 tonnellate, consumava 150 kW di energia elettrica, e poteva eseguire 5000 istruzioni al secondo – mille volte più veloce del computer elettromeccanico.
Cinque anni dopo, nel 1951, il primo computer commerciale fu introdotto nel mercato: L'UNIVAC 1, un computer con 5200 valvole in grado di fare 500 moltiplicazioni al secondo, al costo di più di un milione di dollari per copia. Ne vendettero 46 unità, segnando l'inizio di un'industria che oggi è gigantesca.
Ma le valvole erano destinate a sparire poichè erano ingombranti, costose, poco affidabili e sopratutto consumavano troppa energia elettrica. Quasi dieci anni dopo, nel 1960, il primo computer interamente fatto con transistori fu pronto, l'IBM 650, e durante gli anni 60, il computer a transistori dimostra la sua versatilità. Faccio notare che nel 1960 anche l'Olivetti mise in commercio il suo primo computer elettronico, l'Elea 9003, anch'esso fatto interamente con transistori. L'Italia era quindi all'avanguardia in questo campo, insieme ai paesi piu' avanzati.
In seguito alla disponibilità commerciale del computer, comincia l'esplorazione delle sue potenzialità d'uso, e si scopre che esso è ben più di uno strumento di calcolo matematico come si pensava all'inizio. La sua programmabilità si presta a molti altri usi inizialmente insospettati, come il controllo numerico, il controllo di sistemi di commutazione, e la creazione di banche dati. Così si scopre che il computer è un potente manipolatore universale di simboli, limitato soltanto dalla sua velocità e dalla sua capacità di memoria.

Un altro percorso fondamentale iniziò allo stesso tempo dell'ENIAC, con l'invenzione del transistore, nel 1947, reso possibile dalle nuove scoperte scientifiche nel campo della fisica quantistica. Dopo dieci anni di miglioramenti, il transistore raggiunse caratteristiche equivalenti alle valvole termoioniche, finendo per sostituirle verso la fine degli anni 50. Però il computer, anche usando i transistori, era una macchina enorme e costosissima che richiedeva personale specializzato per il suo uso.
Nel 1959 ci fu un enorme balzo avanti con l'invenzione del processo planare fatta da Jean Hoerni, alla Fairchild Semiconductor. Invece di fare un transistore alla volta, il processo planare permetteva di farne centinaia alla volta, sulla superficie di una fetta di silicio monocristallino. Questa invenzione seminale dette vita alla microelettronica poichè rese possibili i primi circuiti integrati qualche anno dopo.
Con i circuiti integrati, vennero gradualmente realizzate tutte le funzioni del computer, in particolare le prime memorie a semiconduttori, costruite alla fine degli anni sessanta, e il primo microprocessore, l'Intel 4004, realizzato nel 1971. Con il primo microprocessore, fu possibile fare un intero computer che, in confronto all'ENIAC, era venti volte più veloce, consumava 10.000 volte di meno, e invece di occupare 300 metri cubi e pesare 30 tonnellate, aveva il volume di pochi centimetri cubici e il peso di circa cento grammi.
Durante la seconda metà degli anni settanta, il personal computer -- fatto con microprocessori di terza generazione -- debutta sul mercato. Pochi anni dopo -- per la prima volta nella storia umana -- milioni di persone possiedono la potenza elaborativa di un computer, strumento che pochi anni prima era proibitivamente costoso e di difficile uso. Durante lo stesso periodo, fu anche possibile realizzare un intero computer in un singolo chip, dispositivo che oggi si chiama microcontrollore.
Con il microprocessore e i microcontrollori, applicazioni che erano solo concettualmente possibili con il computer diventarono fattibili, dando così vita a migliaia di nuovi prodotti e servizi che crearono intere industrie, cambiando irreversibilmente la nostra vita. Basta pensare al personal computer, al telefono mobile, e a internet.

Durante gli ultimi 50 anni, la microelettronica ha alimentato la rivoluzione informatica della società con una crescita esponenziale nel numero di transistori integrati in un chip -- fenomeno conosciuto come la legge di Moore che stipula che il numero di transistori integrabile in un singolo chip raddoppia ogni 2 anni. Inoltre, la microelettronica ha anche allargato il suo raggio d'azione, permettendo di fare sul silicio sensori di tutti i tipi, nonchè funzioni elettromeccaniche, ottiche e magnetiche. Per esempio, oggi possiamo fare una intera macchina fotografica e video digitale in un cubetto di circa due mm di lato -- grande quanto l'occhio di un piccolo animale -- che costa circa un euro in grandi volumi.
Lo stato dell'arte attuale include microprocessori che integrano piu' di 4 miliardi di transistori in un chip, memorie flash – che sono le chiavette che uno si porta in tasca -- con 64 GB, e interi sistemi costruiti in un singolo chip. Oggi è possibile avere con se migliaia di canzoni, migliaia di libri, migliaia di fotografie e una decina di film, nonchè una capacita' di calcolo, di comunicazione e di controllo che era impensabile solo 30 anni fa. Il tutto contenuto in un telefono intelligente tascabile capace di comunicare telefonicamente in tutto il mondo, e accedere a servizi internet quasi dovunque uno si trovi sulla faccia della terra.

Guardando ora al futuro, la microelettronica continuera' la sua crescita esponenziale con un tempo di raddoppiamento che però si allungherà gradualmente, e che oggi si avvicina ai 3 anni. La strategia principale per continuare tale progresso consisterà per altri 15-20 anni, nella riduzione delle dimensioni fisiche del transistore – la stessa strategia che abbiamo usato durante gli ultimi 50 anni -- dagli attuali 22 nm, a circa 5 nm -- 5 miliardesimi di metro – che è praticamente il limite fisico dei dispositivi MOS tradizionali. Oggi però si sta già sviluppando la tecnologia che diventerà la nuova strada maestra per continuare con la legge di Moore: I circuiti integrati useranno la terza dimensione fisica, cioè saranno costruiti con multipli strati attivi sovrapposti, esattamente come si fa con i fabbricati quando non c'è più spazio e bisogna costruirli a più piani, fino a fare i grattacieli.
Questa diventerà la nuova strategia primaria per continuare per almeno altri 30 anni la crescita esponenziale, dopo che le dimensioni fisiche del transistore avranno raggiunto il limite fisico. Nel frattempo, nuovi materiali e nuovi dispositivi su scala nanometrica, basati su principi di funzionamento diversi dal transistore MOS, saranno gradualmente aggiunti al silicio per permettere di costruire strutture complesse e eterogenee, anche sotto i 5 nm, in più di uno strato. Per esempio, nanotubi di carbonio e grafene sono materiali promettenti per fare dispositivi o più piccoli o più veloci che potranno gradualmente aggiungersi al silicio per continuare a migliorare le prestazioni dei circuiti integrati. Il silicio diventerà quindi una piattaforma su cui costruire sistemi eterogenei aumentando ancora di più la sua già enorme versatilità.

C'è però anche un'altra strada possibile a lungo termine che richiede di imparare a fare dispositivi elettronici funzionanti su scala atomica e molecolare, usando principi biologici – e vorrei riservare il nome nanoelettronica a questo tipo di tecnologia. La ricompensa più importante di questo approccio è la possibilità che tali sistemi si possano auto-assemblare, in maniera simile a come avviene nel caso delle cellule viventi, riducendo quindi drasticamente il costo di produzione. Se ciò sarà possibile, la crescita esponenziale continuerà almeno per un'altro secolo, anche se il tempo necessario per raddoppiare le prestazioni continuerà ad allungarsi gradualmente. È quindi prevedibile che il progresso informatico continuerà senza sosta, creando nuove categorie di industrie, e allo stesso tempo travolgendo le industrie che non sono in grado di stare al passo.

In passato, la capacità di elaborazione dei computer è cresciuta esponenzialmente di un fattore 10 ogni 4 anni, e questo trend continuerà per molti decennia visti i progressi ancora possibili con la microelettronica e la nanoelettronica che ho appena descritto. Se poi sarà possibile fare un computer quantico, il progresso potrà continuere ancora più a lungo poichè questo nuovo tipo di computer, attualmente oggetto di intenso studio e sperimentazione, promette di poter fare un grande numero di operazioni simultanee utilizzando le straordinarie proprietà della materia che si trova in sovrapposizione quantica. È difficile però prevedere se, e quando, sarà possibile fare commercialmente un computer quantico. Personalmente penso non prima di 20-30 anni, ma niente è certo in materia.
Un'altra importante direzione di ricerca è la creazione di computer cognitivi che sono in grado di imparare da soli, copiando per così dire, le lezioni che impareremo dallo studio del cervello animale e umano. Questo tipo di computer potrebbe aver bisogno di una architettura completamente diversa dall'architettura tradizionale, che è sempre rimasta la stessa – nella sua essenza -- da quando fu inventata nella seconda metà degli anni quaranta.
Questo argomento mi porta naturalmente a parlare dei sistemi biologici perchè solo oggi abbiamo le conoscenze teoriche e gli strumenti per investigare la straordinaria organizzazione delle cellule e degli organismi viventi. Consideriamo per esempio un semplice paramecio, un protozoo unicellulare del diametro di circa un decimo di mm, che è un sistema informatico prodigioso, in grado di coordinare migliaia di processi informatici simultanei che avvengono su scala atomica e molecolare. Dotato di un sistema sensoriale e motorio complesso, il paramecio è in grado di imparare da solo, riprodursi, auto-ripararsi e usare energia in maniera efficacissima. Si tratta cioè di un sistema autonomo e intenzionale anche se privo di un sistema nervoso.
Com'è possibile tutto questo? Questa semplice osservazione ci dice quanto lontani siamo, malgrado gli enormi progressi fatti negli ultimi cent'anni, dal comprendere, e quindi riprodurre, le capacità informatiche dimostrate da semplici cellule viventi -- senza parlare poi di sistemi multicellulari che sono infinitamente più complessi. Queste considerazioni mi portano alla conclusione che la biologia diventerà molto probabilmente la nuova frontiera, anche per le tecnologie informatiche, e che dal suo studio impareremo moltissime lezioni insospettate.

A questo punto vorrei parlarvi delle applicazioni informatiche che prevedibilmente continueranno anch'esse la loro crescita esplosiva. Avremo libri e giornali elettronici interattivi, traduzione simultanea, guida automatica, case e uffici intelligenti, nuovi servizi informatici e internet degli oggetti, cioe' l'abilita' di oggetti forniti di sensori e attuatori di comunicare automaticamente sia tra di loro come con persone o con centri di raccolta dati, utilizzando l'infrastruttura internet. In questo modo migliaia di nuove applicazioni diventeranno possibili, tra cui molte applicazioni oggi impensabili e impensate.
Durante i prossimi 30 anni la modellistica e le simulazioni al computer raggiungeranno un altissimo livello di fedeltà e permetteranno uno sviluppo straordinario di sistemi di realtà virtuale, realtà aumentata, realtà mediata e telepresenza. Robot autonomi e intelligenti cominceranno ad essere fattibili, ma il progresso quì sara' relativamente lento rispetto alle aspettative, dovuto alla difficoltà di scoprire l'architettura necessaria per fare sistemi veramente autonomi e intelligenti. Ci saranno anche molti dispositivi medicali personali per l'analisi automatica di fluidi e vari altri segni vitali che renderanno più facile prendere cura della nostra salute. E la lista è quasi interminabile.

Vorrei quindi descrivere un po' più a fondo un paio delle applicazioni sopra accennate, che avranno un importante impatto sociale, e che sono emblematiche delle trasformazioni in atto. La prima è il libro elettronico, che ha debuttato una decina di anni fa, e la seconda è la guida automatica che è ancora nella fase di ricerca e sviluppo.
Il libro elettronico è un libro che viene venduto attraverso il web e scaricato su di un lettore apposito, usando telefonia mobile 3G o 4G. Negli ultimi 4-5 anni, con la diffusione di lettori specializzati, tra cui il Kindle dell'Amazon e l'iPad dell'Apple Computer, l'ebook, così com'è chiamato, ha avuto una crescita straordinaria al punto che negli Stati Uniti si prevede che quest'anno ci saranno più ebook venduti che non libri stampati.
Siamo arrivati al punto che tra alcuni anni la maggioranza dei nuovi libri saranno pubblicati soltanto in versione elettronica e non saranno più disponibili in versione cartacea per evitare e il costo e le limitazioni distributive dell'editoria tradizionale. Il libro elettronico sta già producendo rapidi cambiamenti nell'ecosistema del libro con librerie e case editrici che chiudono, nuove forme distributive che nascono, e sopratutto con una offerta molto più alta di nuovi titoli, che include anche libri antichi e libri fuori stampa. Tutto ciò dovuto al fatto che il costo per pubblicare un libro elettronico è quasi irrisorio.
I vantaggi ovvi del libro elettronico sono: una drastica riduzione dei costi di produzione e distribuzione; il poter comperare quasi istantaneamente qualsiasi ebook, dovunque uno si trovi; la disponibilità di molti più titoli di quanti uno possa trovare in libreria; e la possibilità di portare con se l'intera biblioteca personale visto che il lettore può contenere migliaia di libri.
Benchè questi non siano vantaggi trascurabili, la vera rivoluzione dell'ebook non è tanto nel sostituire la carta stampata con un lettore, ma nel dare la possibilità al libro di trasformarsi in un nuovo mezzo communicativo molto più ricco ed efficace, non essendo più imprigionato dalle limitazioni della carta stampata. In futuro, il libro si evolverà in un oggetto multimediale e interattivo; ricco di immagini, filmati, suoni; e collegato al web in modo da dare servizi bibliografici, dizionari, atlanti e simulazioni che permettano al lettore di ampliare e coadiuvare il soggetto del libro.
Una delle promesse più importanti dell'ebook è nel campo dei testi scolastici dove sarà possibile avere libri che potranno insegnare i vari soggetti di studio come mai prima. Immaginate, per esempio, un libro di zoologia che non si limita ad una descrizione verbale dei vari animali coadiuvata da qualche fotografia, ma un libro che mostra filmati dei vari animali in azione, ne riproduce i versi, mostra le loro abitudini sociali, e così via. Se poi uno studente vuole approfondire il soggetto, il libro è fornito di referenze ancora più dettagliate, direttamente e istantaneamente accessibili cliccando su di esse. Se uno non sapesse il significato di una parola, cliccando su di essa può accedere immediatamente ad un dizionario o ad una enciclopedia; per esempio, cliccando su Serengheti, uno ha accesso ad una carta geografica che mostra dove si trova, e a filmati che mostrano le sue caratteristiche essenziali. Questi libri scolastici avranno anche simulazioni di formule matematiche con la possibilità di cambiarne i parametri; esercizi in grado di valutare la preparazione dello studente, e sulla base della valutazione, dare suggerimenti sul materiale da ripassare, dare spiegazioni sulle risposte sbagliate, e proporre ulteriori esercizi in modo da ottimizzare l'apprendimento.
Possiamo anche immaginare libri simili a videogiochi avanzati, dove il lettore è un attore all'interno dello stesso libro, garantendo così il massimo livello di coinvolgimento possibile. Il libro potrà anche presentare situazioni personalizzate in relazione alle caratteristiche psicologiche del lettore, specializzando quindi la storia e le possibilità di apprendimento o di divertimento del lettore.
L'evoluzione del libro elettronico sarà per molti versi simile all'evoluzione della fotografia digitale. Dieci-quindici anni fa la fotografia digitale era agli inizi della sua fase commerciale, e la maggior parte delle persone pensava che non avrebbe mai potuto sostituire il film fotografico. Si diceva che la qualità delle foto digitali era così povera che le sue applicazioni sarebbero state molto limitate. Però nel giro di dieci anni la qualità, la convenienza e il costo delle foto digitali è migliorata al punto che oggi le macchine fotografiche a film non sono più prodotte e si fa addirittura fatica a comperare e a sviluppare film perche' non si usa quasi più.
La sorte del libro elettronico sarà simile. Tra dieci anni la stragrande maggioranza dei libri venduti saranno elettronici e le nuove generazioni guarderanno al libro cartaceo come una curiosità storica, interessante, ma fuori del tempo.

L'altra applicazione importante che vorrei approfondire è la guida automatica. Sarebbe bello poter salire in macchina e dire: "portami all'ufficio" e durante il tragitto lavorare tranquillamente lasciando all'auto il compito di guidarsi da sola; e una volta arrivati all'ufficio dire: "Parcheggiati. Ti chiamerò più tardi per portarmi a casa."
Questo scenario non è più fantascientifico poichè sarà tecnologicamente possibile fra circa 10-20 anni e sarà quindi soltanto una questione economica, legale e assicurativa prima che tale possibilità diventi commercialmente disponibile. Le motivazioni principali per sviluppare la guida automatica sono: la riduzine drastica degli incidenti stradali; l'uso produttivo del tempo di guida; e il miglioramento della viabilità delle strade esistenti.
A rendere la guida automatica possibile saranno molte innovazioni tra cui avanzati sistemi visivi computerizzati, radar anti-collisione, GPS e altri sensori avanzati, sistemi di comunicazione autonoma con i veicoli vicini e con vari servizi stradali, e il continuo progresso nel campo della robotica.
Prevedo che tra circa dieci anni saranno disponibili commercialmente le prime auto in grado di auto-guidarsi in condizioni di guida relativamente facili, come le autostrade. Ci vorranno però altri 10 anni prima che la guida automatica abbia raggiunto il livello di sofisticazione necessaria per essere sicura nel traffico caotico delle città. Tra 40-50 anni è prevedibile quindi che la guida automatica diventi obbligatoria per tutte le nuove auto che entrano in circolazione, in modo da trarre il massimo beneficio sociale da questa tecnologia.

Non posso però finire la mia presentazione senza accennare alla bioinformatica, la scienza che studia i processi informatici dei sistemi viventi, poichè essa rappresenta oggi il piccolo germoglio da cui penso emergerà la prossima rivoluzione che si avvicenderà alla rivoluzione informatica. Nel corso della sua storia, l'umanità è passata attraverso la rivoluzione agricola, la rivoluzione industriale, ed è ora impegnata nella rivoluzione informatica. Ma la rivoluzione informatica non sarà l'ultima rivoluzione. Il prossimo ciclo – la rivoluzione bioinformatica -- potrebbe iniziare tra circa 40-50 anni e avere un impatto fondamentale nella comprensione della vita e nell'uso dei principi fondamentali alla base della vita; una rivoluzione che ha il potenziale di motivare una evoluzione della società umana più responsabile e compassionata, benchè ci siano anche potenziali risvolti oscuri.

Fino ad oggi, la natura dell'informazione nei sistemi viventi è stata vista come una conseguenza della biochimica. Però è anche possibile che sia la biochimica ad essere una conseguenza delle necessità informatiche dei sistemi viventi. In altre parole, la natura della vita potrebbe essere primaria e la biochimica sarebbe il modo di esprimere la dinamica evolutiva della vita con i materiali disponibili nel nostro pianeta, rappresentandone la struttura informatica attraverso il linguaggio della biochimica. In altri sistemi fisici, lo stesso dinamismo vitale potrebbe utilizzare materiali diversi e con essi creare altre strutture informatiche, la cui ricchezza di forme sarebbe legata alle capacità espressive dei materiali disponibili.
Se questo punto di vista è corretto, lo studio della bioinformatica in quest'ottica, potrebbe rivelare connessioni profonde e finora nascoste tra informazione, spazio-tempo, energia-materia e consapevolezza che sono molto probabilmente alla base del mistero cosmico della vita.
La natura della consapevolezza, uno dei misteri più profondi, è inestricabilmente connessa alla percezione, intesa come la capacità di ricevere informazione dall'ambiente, e produrre sensazioni e cognizione basate sull'informazione ricevuta, e sulla struttura cognitiva cumulativa. Questa capacità è oggi impossibile da realizzare con il computer classico.
Mi auguro che l'informatica del futuro serva a creare il sistema nervoso dell'umanità con cui comprendere il ruolo sacro della vita, gestire con responsabilità, intelligenza e compassione l'ecosistema del nostro pianeta, e diventare veri cittadini del Cosmo.

 


Grazie della vostra attenzione.

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