Negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica si immerge nell’avventura del calcolo elettronico.
Nel 1948 l’ingegnere Isaac Bruk e il giovane Bashir Rameev depositano il progetto di una “macchina calcolatrice digitale automatica”, mentre a Kiev il professor Sergej Lebedev introduce i suoi studenti al nuovo campo della cibernetica.
Lo stato sostiene queste iniziative nonostante le risorse limitate, e nel 1950 si accende il MESM (Small Electronic Calculating Machine) considerato il primo computer elettronico programmabile dell’Europa continentale. Nello stesso periodo il laboratorio di Bruk realizza l’M‑1, poco affidabile ma fondamentale per consolidare la fiducia nelle nuove tecnologie.
MESM, il primo computer digitale elettronico dell'Unione Sovietica e dell'Europa continentale, primi anni '50 (credits: i.imgur.com - Pinterest)
Nel 1952 la BESM‑1 stupisce il mondo accademico: con oltre 5.000 valvole e una velocità di otto‑dieci mila operazioni al secondo, è il computer più rapido d’Europa. L’anno seguente arriva Strela, primo mainframe sovietico prodotto in serie, equipaggiato con 6.200 valvole e 60.000 diodi.
BESM-1 in funzione presso l’IPMCE di Mosca, 1953 (Foto © ResearchGate, pubblico dominio)
Nel corso degli anni cinquanta, l’industria informatica sovietica produce una vasta gamma di grandi sistemi.
La serie Ural nasce per automatizzare il trattamento dei dati. I primi modelli usano ancora valvole, ma dal 1965 la linea Ural‑11 adotta i semiconduttori e riduce i consumi.
L’Università di Mosca stupisce il mondo nel 1959 con Setun, il primo computer ternario moderno: le sue cifre possono assumere valori positivi, negativi o nulli e consentono algoritmi compatti e rapidi.
Nello stesso decennio, il matematico e cibernetico Victor Glushkov spinge verso la miniaturizzazione e la fruibilità: i suoi minicomputer MIR‑1, MIR‑2 e MIR‑3 (1965‑1969) usano transistor, dispongono di tastiera e schermo con penna luminosa per correggere direttamente sul display e implementano in hardware un linguaggio di calcolo simbolico.
MIR-1 in uso presso l’Istituto di Cibernetica di Kiev, metà anni ’60 (Foto © pubblico dominio / archivio storico ucraino)
Per la prima volta gli ingegneri possono interagire in tempo reale con una macchina, disegnare grafici e manipolare formule.
Un prototipo viene persino acquistato da un’azienda statunitense: è un piccolo miracolo di esportazione tecnologica sovietica.