Evoluzione delle Schede Madri

Negli anni ’80, il PC “compatibile IBM” prende forma attorno alla scheda madre AT (Advanced Technology), connettori di alimentazione a due blocchi e bus ISA per le espansioni.

motherboard 10 pc at collezione fpScheda Madre AT (Foto collezione privata Felice Pescatore)

L’obiettivo è semplice: far parlare CPU, RAM, storage e periferiche con la minima complessità possibile. Alla fine del decennio, ISA comincia però a stare stretto: l’arrivo di CPU e periferiche più veloci spinge verso bus locali più ampi e automatizzabili.

Nel 1992, Intel presenta il bus PCI, pensato per sostituire ISA/EISA e semplificare l’auto-configurazione; nel giro di pochi anni diventa lo standard di fatto nel desktop, relegando ISA ai soli dispositivi legacy.

Nel 1995, Intel pubblica la specifica ATX: è la grande riorganizzazione del PC domestico. L’orientamento della scheda ruota, gli slot allineano l’aria verso la CPU, connettori I/O e alimentatore si standardizzano; sarà il formato dominante per oltre due decenni. A ruota arrivano varianti più compatte, come microATX (1997), e, qualche anno dopo, Mini-ITX (2001, di VIA), che porterà i PC molto piccoli fuori dalla nicchia. Il tentativo di sostituire ATX con BTX (2004–2006) non decolla su larga scala, e ATX rimane centrale. 

La metà anni ’90 è anche l’epoca dell’accelerazione grafica: prima 2D, poi 3D. A livello scheda madre questo significa un altro nuovo bus dedicato alla grafica, AGP (1997), che fornisce un canale preferenziale alla GPU rispetto al PCI. Nel giro di pochi anni, però, l’evoluzione complessiva dei bus imbocca la strada seriale: PCI Express (1.0 nel 2003) supera AGP e diventerà l’unica dorsale ad alta velocità per GPU e storage.

Sul fronte CPU e socket, l’era “Socket 7” chiude il capitolo dei package a piedini condivisi da più produttori (Pentium, AMD K6) e apre la stagione delle slot proprietarie: Intel passa a Slot 1 con Pentium II (1997) per ospitare cache L2 su cartuccia, mentre AMD risponde con Slot A (1999) per i primi Athlon.

Sono scelte dettate dall’elettronica del tempo, ma segnano anche una differenziazione di piattaforma tra i due ecosistemi. A cavallo del 2000 si torna poi ai socket con pin/contatti sulla scheda (Socket 370, Socket A/462), più economici e compatti. 

motherboard 6 socket 7 collezione fpScheda Madre Socket 7 e CPU (Foto collezione privata Felice Pescatore)

Intanto i chipset seguono il modello “northbridge/southbridge”: il primo gestisce memoria e grafica/AGP, il secondo si occupa di I/O lenti (USB, IDE, audio). È l’architettura didattica del PC classico, chiara anche ai non addetti ai lavori, che però andrà semplificandosi con l’integrazione di controller sempre più vicini alla CPU. Sulle schede appaiono via via componenti integrati che prima stavano su schede dedicate: audio (AC’97 dal 1997), rete Ethernet, controller USB sempre più veloci.

L’“ATX experience” prende forma: un back-panel ricco, alimentazione standardizzata, dissipatori orientati al flusso d’aria e primi BIOS “user friendly”.

Alla soglia dei 2000, SATA si affaccia come evoluzione seriale di PATA/IDE, mentre USB 2.0 raddoppia la velocità delle periferiche esterne. L’insieme di questi tasselli definisce la scheda madre moderna: form factor codificati, bus seriali, componenti integrati e socket CPU in rapida evoluzione. È il campo di gioco su cui, nel decennio successivo, arriverà l’integrazione “forte” della memoria nella CPU e la scomparsa del northbridge.

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